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Dimarco: “Mi insulteranno, ma stimo Theo! Inzaghi, Ausilio e appena visto Thuram ho detto…”

Tommaso Lerro

ESORDIO E "MILITARE" - "Era, se non mi sbaglio, l’ultima partita del girone ed eravamo già passati se non sbaglio. C’erano tanti ragazzi della Primavera convocati però all’epoca c’erano ancora i tre cambi e dovevi comunque sperare. Alla fine sono stato fortunato, ho esordito ed è stato bellissimo. Emozioni così si provano una volta sola. Cosa ricordo? Le quattro ore di viaggio di ritorno (ride, ndr). Poi l’anno successivo ho fatto sei mesi in prima squadra senza giocare praticamente mai, prima di andare all’Ascoli a gennaio. È stata una situazione difficile, ma esperienza bellissima e stimolante, perché era la prima volta che andavo fuori di casa ed ero da solo. Salvarsi all’ultima giornata è stato bello. Dopo Ascoli sono andato ad Empoli, dove ho fatto tredici-quattordici partite senza giocare tantissimo. L’anno scorso avevo squadre che mi volevano ma per fare il giovane dietro al giocatore esperto e io non ero d’accordo, così ho provato a cambiare andando in Svizzera. Lì sono partito benissimo, mi sono spaccato il metatarso e sono stato quattro mesi fermo. Avevo 19 anni. Sono rientrato dopo quattro mesi, era cambiato l’allenatore e la cosa che fa ridere, e alla quale non crede nessuno, è che eravamo ultimi o penultimi e il presidente ebbe la bella idea di mandarci una settimana a fare il militare con le forze speciali francesi per punizione. Stavamo nei campi col sacco a pelo. Robe mai viste, addestramenti incredibili. Ci facevano anche sparare, non con armi vere ma… In Svizzera c’è la pausa lunga a gennaio, perché c’è molto freddo, io non volevo andare ma se non andavamo non ci pagava. Siamo tornati motivati, ma quando siamo tornati io ho discusso con l’allenatore e non ho più giocato fino a fine anno. Finisce col Sion e l’Inter mi riporta a Milano. Sono tornato in Italia ma non mi voleva nessuno, forse neanche in Serie B. Alla fine è arrivato il Parma, e anche lì ho fatto tre-quattro partite risicate, ho fatto gol, e poi basta. Distacco del tendine dell’adduttore del retto addominale e altri quattro mesi e mezzo fermo. Anche lì ho giocato poco, tredici-quattordici partite risicate".

MOTIVAZIONE - "A Sion volevo smettere. Dopo quello che mi era già successo mi dicevo ‘ma chi me lo fa fare’? Poi ti guardi dentro e il mio obiettivo era far ricredere le persone che non credevano in me e alla fine ci sono riuscito facendo il mio percorso. Dopo Parma sono tornato all’Inter, con Conte. Parma ha invertito la tendenza della mia carriera? Di sicuro no. Mi ero fatto conoscere, ma non è stato il Parma ad avermi cambiato la carriera. Tornato all’Inter, dopo un po’ di allenamenti è venuto da me il mister, Conte, dicendomi che voleva che restassi quindi io ero gasatissimo. Ero un po’ spiazzato dalla cosa, ma alla fine ho fatto sei mesi e a gennaio ho dovuto supplicarlo per andar via perché all’inizio non mi voleva far partire. Poi però sono arrivati Young e Moses e non avevo spazio, volevo giocare. Era bello stare all’Inter ma non mi sentivo né a mio agio, né pronto di essere lì. Mi sentivo inadatto: quel livello era troppo alto per me. Ho chiesto il prestito e sono stato un anno e mezzo a Verona. Quell’anno e mezzo è stato veramente il cambiamento della mia piccola carriera".

VERONA - "Cos'è successo? Un insieme di cose. Il mister mi ha dato la possibilità di esprimere le mie potenzialità. Il direttore era chiaro dall’inizio diversamente dagli altri in passato. Lui è stato di parola, e non è semplice nel calcio. Infatti quando vedo Juric e D’Amico li saluto sempre con affetto. A Verona sono andato per scelta personale, la gente mi chiedeva il perché, ma io non mi sono fatto consigliare da nessuno. Ho sempre ragionato con la mia testa. Molti pensavano che a Verona mi sarei perso ancora, mentre io ero convinto che con quel modo di giocare lì avrei potuto svoltare, e col tempo ho avuto ragione. A Verona sono stato davvero bene, è una città che mi ha dato tanto. Mi dispiace solo aver giocato con lo stadio vuoto per via del Covid".

POSSIBILE RITORNO - "No, non mi chiamarono neanche quella volta. Mi hanno chiamato per il ritiro ma non sapevo se volevano tenermi o mandarmi via, il Verona aveva pure la possibilità di riscattarmi e l’Inter poteva far valere il controriscatto. Io in quel momento non sapevo nulla, non ero lo stesso giocatore di quando ero andato via ma non ero comunque ancora pronto a giocare alcune partite. Poi inizi a fare esperienza: allenarti con alcuni giocatori ti alza il livello. E da lì è iniziata la mia scalata".