TOTTI - “Sassuolo non è Roma, è una questione di dimensioni non solo calcistiche. La Roma è un top club. Se Gasperini legge l’intervista? Non so se ho il fisico per reggerlo”.
FUTURO - “Ho un contratto fino al ‘29, ma mai dire mai”.
CALCIATORE - “La vita è piena di sorprese. A me ne ha riservate tante. Da piccolo andavo a dormire con un pallone tra le braccia, stringevo il pallone al posto del peluche. Sognavo di diventare calciatore e ci sono riuscito. Il castello, la Rossanese…”.
POCHE INTERVISTE - “La mia disinvoltura? Non ho mai amato i riflettori, mi piace far parlare il campo. Non ho agevolato le interviste. Ho fatto quello che mi sentivo. Oggi sono maturato sotto tutti i punti di vista”.
VERO BERARDI - “Non è stato facile. Rottura del tendine d’Achille dopo che ero appena rientrato da un intervento al menisco. Avevo rivisto la luce e sono riprecipitato nel buio totale. Le ho pensate tutte, per la prima volta ho temuto che fosse finita. Il professor Zaffagnini, a Bologna, mi ha aggiustato e dopo due mesi ho ricominciato a lottare. La famiglia mi ha aiutato parecchio. Sono rimasto fuori otto mesi. L’ultimo anno in B mi è servito, anche se - sono sincero - non ho fatto bene. Non ero al cento per cento. È stato utile per ritrovare il campo, la partita, la condizione”.
PROVOCATORI - “Non ci casco più. So come affrontare i provocatori. Non è stato semplice adattarsi, ma ci sono riuscito”.
MOU E CHIELLINI - “La Roma di Mourinho, undici assatanati, in campo alimentavano il caos. Devo dire che un altro bel soggetto era Chiellini. Ti menava e poi ti ringraziava. Una marcatura esperta e fisica. Quand’eri a terra semidistrutto da lui, Giorgio era il primo a consolarti. Un martello, ma educato”. Ride davvero di gusto.
VAR - “C’è più attenzione da parte di chi difende. La gomitata, il pugnetto tirato a tradimento vengono molto spesso individuati”.
ALLENATORI - “A Di Francesco devo tanto, ha avuto il coraggio di buttarmi nella mischia a diciassette anni. Grosso in questo calcio ci sta benissimo, è uno che si confronta, che ci ascolta. Ma mi sento tanto legato a De Zerbi. Con lui giocavamo col joystick. Maniacale, totalmente assorbito dal lavoro, poteva stare sul campo diciotto ore. Possesso stretto, a campo aperto, la tecnica con le sagome. Se sbagliavi un passaggio semplice e spedivi il pallone sul piede sbagliato del compagno, interrompeva l’allenamento. Insisteva fino a quando il pallone non arrivava al piede giusto. (Si ferma). Per noi si sarebbe buttato nel fuoco”.
NAZIONALE - “Riconquistarla da Sassuolo sarebbe magnifico. Mancini riuscì a unire il gruppo ed era piacevole stare insieme. Finita la partita tornavamo a Coverciano, alle quattro di notte la spaghettata aglio, olio e peperoncino. Il pensiero della vittoria non ci aveva sfiorato. Ci provammo e andò bene. Con un po’ di fortuna”.
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