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Kolo Muani: “Restare alla Juve, perché no? Rispondo così sul futuro! Il ruolo e con Motta…”

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A tutto Randal Kolo Muani: intervista esclusiva per l’attaccante della Juventus, che ha parlato così a Repubblica tra passato, presente e futuro.
Alessandro Cosattini

A tutto Randal Kolo Muani. Intervista esclusiva per l’attaccante della Juventus, che ha parlato così a Repubblica: “Mbappé? Siamo nati a Bondy a pochi giorni di distanza uno dall’altro, io il 5 dicembre e lui il 20, ma io sono di Villepinte: di mezzo c’erano 20 km, per un bambino un mondo. Lui era già la star della zona ed è andato via presto, mentre io ho continuato a fare provini. Ed è in Italia che stavano per prendermi. Estate tra Cremona e Vicenza? Avevo 16 anni, ero così timido, così legato alla famiglia: sono stati giorni duri. La Cremonese mi avrebbe preso, ma non mi propose quello che mi aspettavo. Non venendo da un centro di formazione, avrei avuto bisogno di 2 o 3 anni per mettere delle basi, ma me ne garantivano uno solo. Vicenza? Lì fui a due dita dalla firma, però mio padre non era entusiasta che andassi all’estero e mi fece rientrare. No, volevo restare e inseguire il mio sogno. Ma aveva ragione papà”.

INIZI - “Sì. Ero naïf, in campo facevo la prima cosa che mi passava per la testa perché il pallone era solo divertimento. La mia nonchalance? Dare l’idea di non avere voglia di fare quello che stai facendo, ma in realtà non ero così: per me il calcio era prima di tutto piacere, poi le circostanze hanno fatto in modo che diventasse qualcosa di più di un divertimento”.


TOP PLAYER? - “Solo un buon giocatore”.

PSG - “Un francese nel Psg, oltretutto costato 90 milioni, ha una pressione enorme e non tutti sono in grado di reggerla. Io non ci sono riuscito. Ho avuto delle possibilità e non le ho sfruttate. Fa male al cuore, ma lo ridico: è il calcio, non ho rimpianti”.

RAPPORTI CON LUIS ENRIQUE - “Problemi? No, molto molto buoni. Lui è davvero un ottimo allenatore, mi ha dato un’enormità di consigli, è una fortuna avere un tecnico come lui”.

CARATTERISTICHE - “Il mio divertimento è diventato un mestiere e devo viverlo in maniera seria e professionale, perché la posta in gioco è alta. Ma una parte istintiva me la sono tenuta: se non provi piacere, e a Parigi ne provavo poco, non sboccerai mai. E poi in campo ci sono momenti in cui c’è bisogno dell’istinto, per vincere una partita”.

CAPITOLO AL PSG - “Non lo definirei chiuso, visto che ho ancora un contratto con loro”.

JUVE - “Restare? La mia volontà è di giocare e di divertirmi. Ma se le cose continuano così, perché no? La Juventus è il club che mi ha aperto le porte. E quello del futuro? È il club che mi ha aperto le porte”.

MOTTA - “Ho parlato molto con lui prima di venire, mi ha spiegato come vedeva le cose, come avremmo giocato. È questo che mi ha attirato e spinto a firmare. Non credevo che i miei esordi riuscissero così bene”.

PUNTA O ALA - “Sono un attaccante e al giorno d’oggi bisogna essere polivalenti, quindi sto bene al centro come da esterno. Preferisco giocare negli spazi, prendere la profondità e sfruttare la mia velocità, ma sto dimostrando di sapere anche combinare nello stretto: contro il Verona, il gol nasce dalla palla che do a Locatelli”.

FUORI DALLA CHAMPIONS - “Il calcio è così. Meglio ragionare di partita in partita. Sono contento di incrociare Retegui, con l’Atalanta: lo conoscevo poco, mi sta colpendo come sia a suo agio davanti alla porta, la sua fame di gol”.