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Tare: “Retroscena Giroud: era della Lazio! Immobile, Muriqi e la verità su Lotito e Sarri”

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Igli Tare, ex direttore sportivo della Lazio, ha concesso una lunga intervista ai microfoni del Corriere dello Sport. Tantissimi gli argomenti affrontati.
Marco Astori

Igli Tare, ex direttore sportivo della Lazio, ha concesso una lunga intervista ai microfoni del Corriere dello Sport. Tantissimi gli argomenti affrontati, dal rapporto col presidente Lotito a Immobile e non solo: "Lotito è una grande mente, ha una determinazione e una forza di volontà pazzesche. Sono il suo pregio, ma anche il maggior difetto. Io gli sono grato per tutte le cose che ho imparato. Questa lunga storia è il mio orgoglio. Alla Lazio ho dato tutto me stesso, per lei ho addirittura rischiato la vita. Ho avuto grossi problemi di salute, anni fa. I medici mi suggerirono di allontanarmi, di pensare a me stesso e a salvare la pelle. Niente, non sono mai uscito, non ho mai voluto staccare. Per fortuna tutto si è risolto nel migliore dei modi, la società mi è stata vicina".

SCELTA DI LASCIARE - "Mia, di Lotito, che importa? Hanno detto che mi aveva mandato via, bugie. Io ho preso la decisione e lui l’ha condivisa, gli andava bene di cambiare percorso, interlocutore e fare altro. Un anno fa, a inizio stagione, gli anticipai che a giugno avrei chiuso, che quella appena cominciata sarebbe stata l’ultima. Chiesi solo di uscire con onore, con dignità. Così è stato. Come per un matrimonio che si consuma naturalmente".


LITIGIO CON SARRI - "Niente di più falso. Sarri non è mai stato un problema, ma una soluzione. Il suo carattere non era una novità. Mi ero informato prima di prenderlo, sapevo tanto e volevo che fosse lui ad allenare la Lazio. Prima della penultima partita dello scorso campionato, a Empoli, volle parlarmi. Siamo stati insieme tre, quattro ore. Ha usato parole di miele, di cuore, spero, mi ha riconosciuto un sacco di meriti. Se chiuderà alla Lazio? Conoscendolo, dico di no. Tuttavia lo auguro alla Lazio e a Maurizio. Soprattutto alla Lazio".

PIOLI - "Grande uomo e grande allenatore. Ho avuto modo di apprezzarne il carattere, le capacità tecniche, l’onestà, appunto, la qualità umana. Stefano è sincero. Mi dispiacque l’esonero il secondo anno, lui stesso ha ammesso che è stato il dolore professionale più forte, gli piacevano l’ambiente e il progetto, un grande progetto. Per sua stessa ammissione, soffrì di meno quando fu costretto a lasciare la Fiorentina e l’Inter. Ibra? Stefano ha bisogno di confrontarsi con sincerità, senza retropensieri".

INZAGHI - "Mio fratello. Diciotto, o forse vent’anni insieme. Credo che le nostre mogli ci conoscano meno bene. Un rapporto profondo, il nostro. Simone lo trovai nel 2009 al campo, allenava i Giovanissimi nazionali, pensai che avrebbe fatto una splendida carriera e lo dissi anche. È un predestinato".

ACQUISTI TOP - "Felipe Anderson, Milinkovic-Savic, Luis Alberto, Lucas Leiva, Klose, Lulic. Ma anche Brocchi, il mio primo acquisto. Sono molto legato a Cristian, da affetto autentico, un uomo onesto, perbene".

MURIQI E VAVRO - "Si sottovaluta la complessità dell’inserimento di uno straniero in una nuova dimensione di squadra, alcuni faticano più di altri. Spesso è una questione di dettagli. Ma voglio dirti una cosa: Vavro e Muriqi hanno subìto il calcio di Sarri, ma prima di andare via l’hanno voluto salutare e abbracciare. Ricordo che Maurizio mi disse: “Sono stato a Napoli, ad alcuni ho dato la vita, mai nessuno mi ha rispettato come questi due ragazzi”".

CAICEDO - "Io sono testardo, quando credo in un giocatore non mollo di un centimetro. Inzaghi mi diede del matto, quando lo vide, eppure ci ha tanto aiutato".

GIROUD - "Era nostro, solo che all’ultimo il Chelsea si mise di traverso e non lo lasciò partire. Le tentai tutte. Fu solo questo il motivo. Ragazzo eccezionale, Olivier. Quell’anno avevamo un grande attacco con Immobile, Correa e Caicedo".

IMMOBILE - "Quando stabilì il record di gol, gli dissi “Ciro, ti renderai conto di quello che hai fatto soltanto quando tutto sarà finito”. Lui è il più grande cannoniere della storia della Lazio. La sua umiltà è forza e insieme debolezza. Ha bisogno di sentire quotidianamente la fiducia di chi gli sta intorno. Qualche anno fa visse un periodo simile, io lo caricavo con una battuta, sempre la stessa: “Chiama Ciro e manda a casa suo cugino”. Il centravanti della Lazio è un ruolo pesante, ma ho una stima illimitata nei suoi confronti, solo la sua onestà gli farà capire quando sarà il momento di chiudere".

FUTURO - "Sono cittadino del mondo, aperto a tutto. L’Italia è casa, a Roma io, la famiglia e i miei figli continueremo a vivere".

LOTITO - "Mi chiamava alle 2 di notte. “Stai dormendo?”. È successo qualcosa? rispondevo, e lui parlava per delle mezze ore. Sono state più le litigate che i momenti di pace. Ma lui ha una forza straordinaria, dimentica nel giro di dieci minuti".

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