Il presidente Marotta si è adoperato – e continua a farlo – in prima persona per capire, per provare a muoversi. Si è messo in contatto con il ministero degli Esteri e con l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei. Ma ad oggi non c’è modo di risolvere la situazione. L’unica possibilità, materiale, di lasciare l’Iran sarebbe quella di attraversare la nazione per poi uscirne via terra. Ma è stata la stessa società a sconsigliare l’ex centravanti del Porto: tutto troppo rischioso. Ma poi per cosa? Perché, al netto delle questioni pratiche, c’è anche un tema di sensibilità. Di approccio a una vicenda complessa, enorme, dentro la quale il calcio e lo sport in generale occupano non esattamente i primi posti. La priorità di Taremi e della stessa Inter è oggi che il giocatore e la sua famiglia stiano bene. Per questo ogni messaggio che arriva sui telefoni dei compagni di squadra e del team manager è un granello di sabbia che si aggiunge in termini di serenità. Quando poi martedì, oltre il check quotidiano, è arrivato anche l’incoraggiamento per la partita di Pasadena con il Monterrey, tutta i giocatori sono rimasti colpiti. Se il calcio può aiutare Taremi anche solo per qualche minuto ad allontanare i pensieri più brutti, avrà già raggiunto il vero obiettivo".
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