TANTI INFORTUNI - “A livello di condizione, la passata stagione è stata la più complicata della mia carriera. Mi sono fermato subito dopo la seconda partita, quando stavo in nazionale. Un infortunio banale, roba di 2-3 settimane. Appena rientro, segno con il Frosinone e con il Servette e mi devo rifermare subito. Così è stato come prepararsi, fermarsi e riprepararsi nuovamente. Il problema però è che quello che hai fatto prima lo perdi e devi ricominciare da capo. Ci vuole tempo a quel punto. Da agosto a dicembre sono stato sempre male, mi sono ripreso per un paio di mesi e a giugno inevitabilmente mi sono spento di nuovo”.
NUOVI - “Sono tutti bravi ragazzi. Se proprio devo fare un nome, dico Soulé. Ha delle qualità per diventare un calciatore fortissimo”.
DOVBYK - “Tecnicamente più di Lukaku mi ricorda Vieri. Il lavoro che faceva Romelu lo può anche fare ma lui vive proprio per il gol. È uno che vuole stare negli ultimi 16 metri o almeno avvicinarsi ad una zona dove sa che può segnare. Ama giocare in profondità. E poi è una bestia. Oggi abbiamo fatto la panca inclinata, ha fatto i pettorali con 35 chili…”.
MIO RUOLO - “Il mio è un ruolo a metà, tra il trequartista e il centrocampista. Mi esprimo al meglio da mezzala però con De Rossi ho tanta libertà di andarmi a trovare la posizione in campo. Soprattutto per come si sta sviluppando il calcio negli ultimi anni non si occupano più posizioni fisse. Per questo i moduli sono elastici. Bisogna muoversi tanto, cercare gli spazi per poterli attaccare. Sì qualcosa di simile l'ho fatto anche in Nazionale e ha creato qualche vocina... È normale che io non posso fare l'esterno, sono un centrocampista. Ma anche con Spalletti l'idea è che avrei ricoperto quella posizione nella fase difensiva e poi quando avevamo la palla dovevo entrare dentro al campo e lasciare spazio al terzino che saliva. E quindi mi trasformavo in quello che sono, un centrocampista offensivo”.
NAZIONALE - “Ma no, c'è dispiaciuto soltanto non esprimerci come avremmo potuto. Per me Spalletti è un allenatore eccezionale, ti migliora”.
DA SPALLETTI A DE ROSSI - “Ci devo pensare bene, altrimenti poi si arrabbia e chi lo sente. Allora... Il primo è veritiero. Le racconto un aneddoto. Io e Daniele ci conosciamo da quando lui giocava. Il primo giorno che arriva mi chiama e mi chiede alcune cose. Alla fine, alla presenza di altri compagni, mi fa: "Ricordatevi che vi voglio bene, ma voglio più bene a me e a mio figlio. Quindi sappiate che se non vi allenate e giocate come si deve, andate fuori". Parole che ho apprezzato tantissimo. È preparato. L'ho già detto altre volte ma come studia le partite, mi colpisce continuamente”.
DIFETTI - “Lei mi vuole mettere nei guai (ride). Boh... permaloso? Sì permaloso da morire. No, ora che ci penso forse più lunatico di permaloso. Il problema è che non si tratta di una transizione normale, del tipo un giorno sei felice e l'altro metti il broncio. Lui si sveglia la mattina ed è felice. Dopo mezz'ora è arrabbiato, poi torna a sorridere e dopo un'altra ora gli 'rode' di nuovo. Vabbè, devo cercarmi un'altra squadra…”.
OBIETTIVO STAGIONALE - “La Champions, è ora di tornarci. È il nostro obiettivo. La società ha investito tanto”.
MIO SOGNO - “Modellare la mentalità che c'è a Roma. Non accontentarsi quando le cose vanno bene e non deprimersi quando vanno male. Un sogno poi l'ho realizzato, è stato vincere un trofeo. Ora ne voglio un altro”.
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