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Gravina: “Norvegia più forte, ma così è inaccettabile! Rispondo su Spalletti, Ranieri e Acerbi”

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Il presidente della Figc Gabriele Gravina è intervenuto dal palco del Festival della Serie A. Queste le sue dichiarazioni sulla crisi della Nazionale italiana.
Marco Astori

Il presidente della Figc Gabriele Gravina è intervenuto dal palco del Festival della Serie A. Queste le sue dichiarazioni sulla crisi della Nazionale italiana.

NORVEGIA - “La partita di Oslo è stata, nell’ambito delle valutazioni tecniche, una gara in cui dobbiamo riconoscere che la Norvegia ha avuto una crescita esponenziale negli anni. Credo sia una delle nazionali più forti in assoluto, a livello tecnico, atletico: ha campioni straordinari. Se è più forte dell'Italia? In questo momento lo è. Si può anche perdere, il problema è capire come. In un momento così delicato per il nostro calcio, credo che un approccio diverso, che solleticava quel fuoco dentro, a cui spesso fa Gigi Buffon, poteva dare un epilogo diverso. Bisogna anche capire come si perde: quel modo non lo accetto. Ci sono elementi oggettivi e soggettivi. L’elemento oggettivo è un campionato che ci ha consegnato ragazzi stremati, che il mister ha avuto la possibilità di vedere un paio di giorni. 5-6 calciatori sono arrivati due giorni prima della partenza: non si può preparare una partita contro una corazzata, con una concentrazione mentale di due mesi, come meritava una gara del genere contro questo avversario. Percepita l'importanza della gara? Sperò di sì. In caso contrario ci sarebbe da fare un’analisi molto più profonda: se perdi 8-9 calciatori su cui hai lavorato con un progetto tecnico-sportivo di avvicinamento alla qualificazione al Mondiale, che per noi è un obiettivo straordinario da centrare comunque, e non è stata sentita come doveva, c’è da fare un’analisi diversa”, riporta Tmw.


NUOVE GENERAZIONI - A mio avviso dobbiamo lavorare: la maglia azzurra non è un colore, è un’eredità e dobbiamo fare capire questo ai nostri ragazzi. È la storia scritta da uomini che hanno lottato, che sono caduti, che hanno vinto e che hanno rialzato le sorti di un intero Paese. Quella maglia non si indossa con il corpo, ma con l’anima: quando la indossi porti il peso di tanti cittadini, e non è una maglia che ti appartiene, ma che ti viene prestata. Te la prestano i vecchi campioni dell’82 o del 2006, ma anche i bambini che ti guardano perché hanno voglia un giorno di poterla indossare. In quel momento sei un simbolo, sei un popolo, sei l’Italia. È una cosa molto più sentita nelle nostre selezioni giovanili: i ragazzi sono entusiasti, fanno di tutto per vestire quella maglia. Oggi si cercano alibi, momenti di comfort zone… Invece hai il dovere, l’obbligo di onorarla”.

ROTTURA NELLO SPOGLIATOIO - “Non credo, ho parlato a lungo con il ragazzo e in queste ultime ore con Spalletti. Non c’è spaccatura, c’è non molta lucidità dovuta a stanchezza fisica e a progettualità innovative che non abbiamo mai vissuto. I vecchi campioni non hanno mai vissuto l’intensità di questo calendario: l’11 diversi calciatori partono per il nuovo Mondiale per club, è una novità assoluta. Non c’è spazio per le competizioni, e la sommatoria di tutti questi elementi ha generato stanchezza fisica. Quando non sei molto brillante non sei molto lucido, c’è anche tanta amarezza: se pensate che l’ambiente viva questo con grande distacco, sbagliate. Non è così. Leggo cose stravaganti, anche di chi non conosce il regolamento: ho sentito commenti così negativi sulla nostra competizione, di gente che già celebrava la mancata qualificazione al Mondiale come se fosse già eliminata. È la prima di otto partite, non tutti sanno che non valgono gli scontri diretti in caso di arrivo a pari punti, ma la differenza reti: giochiamo! Noi dobbiamo andare al Mondiale, non piangersi addosso e cogliere l’occasione per attivare movimenti di critiche soggettive legate a uno o all’altro”.

ANCORA SENZA MONDIALE - “No, mi fa stare male e quindi non ci penso. È un progetto a cui credo, noi abbiamo investito tantissime energie: sento critiche da gente che chiede cosa abbiamo fatto. Guardate i risultati delle giovanili: sono storici. Non voglio elogiare il nostro operato, ma è assurdo non valorizzare aspetti progettuali di un percorso cha ha portato alla prima vittoria storica dell’Under 17 in Europa, e a tanti altri risultati. Pensate davvero che, dopo aver abbandonato per ragioni anagrafiche grandissimi campioni, l’Italia potesse vivere di rendita sulla sua storia? No, la storia si costruisce: non si tramanda come fosse un’eredità. Dobbiamo guardare ad altre nazioni, l’Italia peraltro ha vinto per la prima volta il premio Burlaz (dedicato dalla UEFA alle federazioni con i migliori risultati giovanili, ndr): chi lo ha vinto, poi nel giro di cinque anni ha vinto Europei o Mondiali, unica eccezione l’Inghilterra che ha perso con noi in finale degli Europei. Vuol dire che la Nazionale del futuro la stiamo costruendo nel tempo. Poi ci dobbiamo assumere delle responsabilità, io per primo: dobbiamo accelerare. Su una valorizzazione dei giovani, non possiamo avere tre macro-aree che lavorano senza dialogare: settore tecnico, settore giovanile, Club Italia. Fondiamole, con un unico direttore tecnico. Noi abbiamo 50 centri federali sparsi in Italia: lo dico onestamente, è un progetto da rivedere. Ci vuole più tecnica. È quello il momento dell’educazione: noi siamo abituati a imporre ai ragazzi una metodologia legata alla pedagogia delle competenze. Pensiamo di doverli rendere tabulae rasae da riempire di nozioni: noi dobbiamo porre un seme, e dobbiamo farlo non solo nella scuola ma anche nella scuola calcio”.

INSISTERE SUL PROGETTO - “Assolutamente, come quasi il 99% dei delegati federali che mi ha dato fiducia mesi fa. Non vedo possibilità di mollare in un momento così delicato. Se dovessi immaginare ipotesi alternative possano dare un contributo innovativo e stravolgente lo farei, ma sono convinto del contrario: potrei generare un ulteriore danno. Abbiamo obiettivi, dobbiamo portare avanti il lavoro condiviso in particolare con la Serie A: erano anni che non avevamo modalità di dialogo e di collaborazione come in questo periodo, fondamentale per il sistema”.

LOTITO - "Non mi va. Non posso rispondergli, lui più volte tende a portare i discorsi a livelli molto bassi e lì è imbattibile, non accetto la sfida su questo terreno. Non si può affrontare un tema così delicato con il rancore che ha sempre distinto la sua attività nei miei confronti. L'etimologia di rancore porta al rancido: è qualcosa che non mi appartiene. Lascio a lui quelle espressioni? Cosa mi ha dato più fastidio? Gli attacchi di certi soggetti, come questo personaggio: sono l'emblema di un immobilismo che abbiamo ereditato, ma che dobbiamo rivoluzionare. Sono strumentali e inutili. Mi ha dato fastidio una scarsa informazione dei temi reali, un attacco a una persona che io stimo, perché è la persona più corretta che abbia mai incontrato nel mondo del calcio. È una persona straordinaria, di animo nobile: gli attacchi che sta subendo in questo momento sono immeritati. Lo dico con amarezza e morte nel cuore: è una persona per bene, davvero. Lui al calcio serve, fa bene, ed è un grande signore: io in queste ore ho parlato a lungo con lui, e gli lascerò alcune considerazioni che continueremo a fare. Ha subito un attacco mediatico immeritato".

SPALLETTI - "L'ho trovato molto combattivo, ha indossato l'elmetto. Molto ferito, ha sempre inteso il suo ruolo come un servizio all'Italia: è questo che dobbiamo trasmettere. Se io ho responsabilità, se le ha lui, forse non siamo stati bravi a far capire ai ragazzi cosa significa l'orgoglio di appartenenza a questa maglia. I ragazzi dell'82 e del 2006 forse tecnicamente erano inferiori ad altre squadre, ma avevano voglia di dimostrare di essere italiani. Noi dobbiamo dimostrare questo, che l'Italia è l'Italia: dobbiamo rialzarci subito, non possiamo pensare che, per una caduta o per un incidente che dura da tempo, dobbiamo trovare alibi. È il metodo peggiore, e non è sbagliato solo nel calcio e nella vita. Stiamo parlando: con grande senso di responsabilità dobbiamo trovare un modo di rilancio domani sera e poi dobbiamo arrivare nelle migliori condizioni per affrontare le ultime sei partite, sapendo che la Norvegia arriverà poi in Italia. Non c'è un appuntamento fissato per martedì, c'è un continuo contatto. Io parlo tantissimo con Luciano, abbiamo parlato ieri sera fino a tardi. Lui è una persona molto responsabile, gli faccio i complimenti. Oggi continueremo a parlare e poi vedremo cosa verrà fuori. Se non si sente a suo agio come ct? Non lo escludo, ma penso sia non corretto. Noi abbiamo avuto diversi allenatori di campo, devi scegliere tutti con le proprie prerogative: Luciano ha particolarità, ma ha una nobiltà d'animo straordinaria. È la persona più bella che ha incontrato nel mondo del calcio".

RANIERI - "Un abbraccio, sia Claudio sia sua moglie sono persone straordinarie. Dopo tanti anni di sacrifici, di tensioni, di soddisfazioni ha deciso di scegliere un altro percorso. Se è un nome? Ci sono tanti nomi, ma non è il momento dei nomi: è il momento di rispettare il nostro commissario tecnico".

SERIE A - "È chiaro che lo sport, e il calcio in particolare, valorizzi il senso della vittoria, che è parte integrante del concetto di sport. Però è chiaro che lo sport deve essere praticato, e la vittoria più bella è il percorso. Nello sport vince uno, sul podio ci sono tre posti: uno vince, ma non possiamo pensare che gli altri siano disadattati. Altrimenti creeremo un meccanismo scorretto. Il campionato di Serie A è stato massacrante, impegnativo sotto il profilo delle risorse fisiche e mentali: tutto o quasi si è deciso all'ultima giornata. Questo lo ha reso avvincente. Penalizzare chi ha fatto di tutto ed è arrivato secondo, o quinto, sarebbe ingiusto. L'Inter ha fatto un percorso straordinario, come è stato straordinario il percorso della Lazio nella prima parte dell'Europa League: Baroni ha fatto un ottimo lavoro, credo che fosse tranquillamente all'altezza delle due squadre arrivate in finale. Non si può deturpare il campionato della Juventus, della Lazio, dell'Inter, del Napoli, del Lecce, come di tutte quelle che hanno raggiunto obiettivi straordinari. Il campionato non è fatto solo per chi deve vincere lo scudetto, ma di tanti interessi che bisogna saper declinare e mettere insieme: noi abbiamo il dovere di accompagnare l'entusiasmo. Quest'anno credo che la Serie A abbia tanti motivi per essere orgogliosa del suo campionato".

FUTURO - "Io non credo alle magie, credo al lavoro: siamo tutti pronti a dare il massimo. Abbiamo due obiettivi, uno conseguenza dell'altro: il primo è continuare a lavorare su un progetto che possa dare risultati straordinari. Il secondo è dare una risposta che generi entusiasmo come l'abbiamo visto nel 2021: non era una squadra straordinaria, ma di valori. Ha saputo dare ai nostri tifosi una grande soddisfazione, credo che sia il momento: ci dobbiamo rialzare. Buffon parla di fuoco dentro, io credo servano gli attributi: ci dobbiamo dare una mossa, tutti. Non possiamo dimenticare che l'Italia è l'Italia e noi siamo gli italiani".