INZAGHI - “Io ci provo a fare tutto eh… E lui non so come faccia, ma ogni volta che mi suggerisce una cosa, poi quella cosa succede".
HENRY - "Ma no… Lui era di un altro livello, ehi. Lo sento spesso, è più easy parlare con lui che con mio padre. Un giorno mi ha raccontato che in Italia gli facevano fare il quinto a centrocampo, ma come è possibile? È che nella vita dipende sempre dal posto in cui ti trovi".
ADRIANO - "Ho letto che si sente felice nella sua favela, lo vedo su Instagram sorridente: conta questo".
PADRE - “Lui è stato fondamentale per me, da giovane e ancora oggi. Con lui guadagno tempo, una parola sua sono 2-3 settimane di lavoro per un altro. Mio padre mi aveva preparato, “ti giudicheranno per il cognome, diranno che ci sei solo perché sei mio figlio”. Non è stato piacevole, quando ero bambino, sentir dire cattiverie dai genitori dei ragazzi con cui giocavo. Rispondevo così: ‘Guardate che se segno, non è perché il portiere avversario si sposta per far segnare il figlio di Lilian’”.
FRATELLO - "C’è stata la possibilità di giocare insieme, quando ero al Borussia il Nizza mi voleva ma poi non se ne è fatto nulla. No, nessuna scommessa con lui. Gli auguro il meglio. Non proprio il meglio meglio eh… Diciamo a lui sì, alla squadra in cui gioca no. Più forte lui? Sì, lo è. E sa perché? Perché può imparare dal papà e poi dal fratello, è fortunato".
KEAN - "Disco? Sì, gli ho mandato un messaggio per dirgli che è stato bravo. Da tempo aveva delle canzoni pronte, finalmente le ha fatte uscire: le passioni vanno sempre seguite".
BOVE - "Ero paralizzato, sangue ghiacciato, non sapevo cosa fare. Ma è come una sveglia sulla vita. Dopo la partita ho chiamato tutte le persone a cui voglio bene, una ad una, per dire loro quanto le amo. Il calcio è un business, ci sono di mezzo i soldi della gente, c’è chi vuole e deve guadagnare. Ma noi calciatori a Firenze ci siamo fermati. Siamo essere umani: queste cose possono accadere a tutti. E dunque bene è stato bloccare la partita".
PRESSIONE - "Non è facile per noi gestire la pressione. Ma dipende sempre dal tipo di approccio. Vede, io amo veramente il calcio, è la mia vita. Ha ragione Davide (Frattesi, ndr), ho sentito il suo consiglio ai più giovani, “non prendete mai tutto al 100%”. Ecco: se si perde la componente del gioco, siamo finiti. Mentalmente è importante riuscire a staccare. Ad esempio dai social: sono nocivi per i calciatori. Quando sbagliamo una partita, non abbiamo ucciso nessuno eh! Può capitare, ci sarà sempre la sfida successiva per riscattarsi".
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