TORINO - "A Torino ho notato che i torinesi sono educati, a volte si peritano a chiedere un saluto o una foto perché temono di disturbare: fa capire la loro eleganza ed educazione. E questa eleganza la vedi nella città, in come viene curata. Tante piazze belle e tanti musei, ma non sono uno che esce tanto e preferisco stare a casa: fuori dal campo faccio una vita sedentaria. Torino offre tante possibilità lavorative, c’è una grande tradizione orafa e lo respiriamo tra le vie del centro".
GARE - "Il momento di massima tensione è nel tunnel, c’è ansia positiva: quando l’arbitro fischia, l’adrenalina la fa da padrone e fai le cose impulsivamente. Puoi dire le ultime cose ai compagni, senti i cori ed è bello. In campo è tutto diverso, come se ci fosse un grande vetro che copre l’esterno, le voci, i cori. Rimane ciò che è dentro al campo".
CAPITANO - "Essere capitano del Toro è un onore e responsabilità: non è una squadra come le altre, ha una storia differente che nessuno ha. Mi ha fatto piacere che mister Vanoli mi abbia scelto: non è facile, ci sono dinamiche in uno spogliatoio e hai altre responsabilità, spero di essere stato per quest’anno un buon capitano".
RICCI GIOCATORE - "Non faccio azioni spettacolari, non sono un attaccante o un trequartista, ma tante volte per un centrocampista un contrasto è quasi come un gol, è importante per la squadra, e anche una rincorsa o un intercetto. E’ un ruolo fondamentale".
GIOVANI - "Sui giovani è cambiata la mentalità, ne vedo di più in campo e fa bene al campionato italiano: si prende spunto dall’estero, dove vedi 2005-2006 che da noi non giocherebbero o magari verrebbero impiegati meno, mentre fuori giocano anche in squadre importanti e fanno la differenza".
FUORI DAL CAMPO - "Non c’è differenza dentro o fuori dal campo, sono così: calmo e pacato, senza reazioni impulsive. Mi piacerebbe essere ricordato come un bravo ragazzo e come un esempio per i giovani".
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