GASPERINI - "Lui è tante cose. Non ho mai visto nessuno vivere la partite così. È come se fosse in campo. E ti viene voglia per forza di lottare per lui".
INTER - "Se un club come l’Inter si interessa a me, per me è positivo. Ne parlai con Gasperini, gli ho detto che non sapevo cosa sarebbe successo. Ma ho aggiunto: “Finché indosso questa maglia, lo faccio al 100%”. La Roma è l’unico club che ha creduto in me un’estate fa, è un dovere ricambiare. Sommer e Thuram? Ci abbiamo scherzato su. Mi hanno detto di fare la scelta migliore, ma non dipendeva da me. Io stavo molto bene alla Roma, non è che volessi a tutti i costi andarmene".
MILAN - "Parlai con il Milan, è vero. Mi chiamò Massara, ma per la mia crescita è stato giusto andare al Borussia. Poi qui alla Roma ho ritrovato lo stesso Massara: il cerchio si è chiuso comunque, no?".
PRESSIONE - "Io non mi stresso mai prima delle gare, che sia contro una squadra più debole o una molto forte. E sa perché? Vede: la partita è la parte più gioiosa del nostro lavoro, ci alleniamo tutta la settimana per giocare. E perché rovinarla con lo stress? Tanto vale divertirsi rispettando i consigli dell’allenatore. Ma questo non vuol dire non essere esigenti: io non sono mai felice di una mia prova, anche se col tempo sono diventato costante: prima giocavo bene una settimana e quella dopo no".
POCHI GOL - "Arriveranno, so di saperli fare e devo migliorare. Ma il punto è che, con tutto il lavoro che dobbiamo fare noi centrocampisti, capita di arrivare stanco davanti alla porta e di sbagliare".
ALLENAMENTO - "Alleno tutto. Da 2 anni lavoro con una nutrizionista, Cecile Capdeville: lei parla col mio cuoco qui in Italia e si assicura che io abbia i pasti migliori per restare in forma, senza massa grassa o sovrappeso. Ho anche un coach personale che vive con me. Poi ho un fisioterapista, un preparatore atletico e anche uno mentale. È il lavoro invisibile, importante tanto quanto quello in campo".
NAZIONALE - "Da casa, se mi affaccio vedo Saint-Denis. Quando da bambino andavo col treno a scuola, ogni mattina guardavo e sognavo di giocare lì dentro. È successo a marzo: sono venute 30 persone, le stesse che sognavano con me".
POGBA - "Modello, non idolo. Lui insieme a Serge Aurier. Paul, per noi ragazzi di banlieue, è stato un simbolo. Ogni tanto ancora oggi mi metto lì e osservo i suoi video".
ESULTANZA NEL DERBY - "Nelle gare importanti bisogna lasciare il segno, con la Lazio lo era. Ho messo la mia maglia sulla loro bandiera. Qualcuno l’ha presa male, ma resta il derby".
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