LEAO A TORINO - "C’è un allenatore, se posso aiutare senza disturbarlo lo faccio. Ma non vai sopra l’allenatore, lo metti solo in difficoltà. Io posso essere più amico di lui dei giocatori, ma sono sempre Ibra con l’esperienza di Ibra. Prima avevo solo una modalità strong, col tempo ho imparato che per entrare nella testa dei giocatori a volte devi essere più soft. E devi insistere. Allora, a Torino ero nello spogliatoio. Erano tutti arrabbiati, tutti, Allegri, perché si poteva vincere. E anche Leao che aveva sbagliato due gol. Ricordiamoci che durante la preparazione era il migliore, poi è stato fuori due mesi, ora deve tornare in forma. Chiaro che ci aspettiamo la magia, perché Leao è magia! Chiaro che parleremo sempre di lui, perché è uno dei giocatori più forti al mondo e non lo dico per marketing, ma perché ho giocato a calcio. L’ho visto ragazzino, adesso ha due figli: è un percorso. Dicono che ha già 26 anni, ma io sono diventato maturo a 28 anni. E comunque quando abbiamo vinto lo scudetto posso dire che lo ha vinto da solo... Non prendo crediti, voglio darli agli altri. Quello è stato il mio ruolo quell’anno. A inizio stagione ho chiesto: quanti hanno vinto qualcosa? Hanno alzato la mano in uno, forse due. E quanti hanno giocato in Champions? Di nuovo, uno-due. Era un gruppo di giocatori che nelle squadre da cui venivano stavano in panchina, avevano bisogno di un giocatore alfa, un leader da seguire. Era tutto un “Ibra andiamo a destra o a sinistra? Quando perdevamo dicevo “mandate solo me a parlare” così lasciavamo la squadra tranquilla: per me era come fare colazione. È nato un gruppo forte, che ha cominciato a volare. Quando abbiamo vinto lo scudetto li ho visti piangere, è stata la soddisfazione più bella. Ma io lo avevo detto subito il primo giorno del mio ritorno, vada a controllare".
STAGIONE - "Cosa dico? Che la squadra è molto competitiva per fare buoni risultati. Lo era già l’anno scorso, ma è stato un anno strano, appena ci riprendevamo cadevamo subito, però abbiamo imparato tanto. Comunque abbiamo vinto un trofeo e siamo arrivati secondi in Coppa Italia. Ma siamo il Milan, lo sappiamo. La società è stata molto brava a vendere bene giocatori non nel progetto oppure per altri motivi, ha scelto un allenatore di esperienza che dà equilibrio e stabilità. E ha portato quello che mancava, un po’ di esperienza".
QUARTO POSTO? - "Il Dna del Milan è vincere, soprattutto in Europa, e là dobbiamo tornare. Nessuno vuole cambiare il Milan, la sua cultura o la sua tradizione. Anche perché le do una regola: nessuno cambia il Milan, è il Milan che cambia te. A Milanello senti profumo di vittoria, dopo che sei stato lì non resti lo stesso calciatore. A Milanello, dal cuoco al giardiniere tutti fanno in modo che Allegri e la squadra possano esprimersi al meglio".
MODRIC - "Siamo diversi, lui è leader in campo, fuori si prende poco spazio, ma ha portato l’esperienza che mancava. Anche se non avesse giocato da “wow” solo standogli vicino ti avrebbe dato qualcosa. In campo gli abbiamo detto “entra e fai tu”. Se sono stupito di come sta giocando? No, lui gioca così da vent’anni. Molti restano al top due anni poi non li vedi più. Altri stanno in alto per vent’anni e sono i veri campioni anche se non vincono il Pallone d’oro: uno ce l’ha di fronte".
RABIOT - "Doveva venire un anno fa, ci avevamo provato ma voleva giocare in Francia".
ALTRI SINGOLI - "Sorpresa? Pavlovic può migliorare ancora. Gimenez appena si sblocca farà un sacco di gol. Jashari è un top. E anche Ricci crescerà: la squadra è un giusto mix di presente e prospettive".
ALLEGRI - "Il suo primo trofeo gliel’ho fatto vincere io. In quel Milan erano tutti campioni, la cosa difficile era mandarli in panchina, in campo andavano con il pilota automatico. Lui era molto bravo a gestire. Adesso è diverso, ci sono meno ego da fuoriclasse, è una squadra molto disponibile. E anche Allegri ha fatto il suo percorso, ha già vinto tanto, sa come si fa".
CHIVU - "Lo conosco dai tempi dell’Ajax. Era una squadra di talenti, lui era il più maturo. Avanti mentalmente e come persona. È stato un campione, come allenatore è presto per giudicare, gli mando un in bocca al lupo ma non deve vincere...".
IBRA - "Un attimo: Ibra è ancora Dio. Se ero in campo avevo tutte le risposte, in tribuna soffro ancora per non poter aiutare la squadra. Non ho obiettivi personali, tutto quello che faccio è per il Milan. E per tornare a vincere".
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