sosfanta squadra milan Ibra: “Il mio ruolo al Milan? La verità! Allegri, Modric, Rabiot, Gimenez, Jashari un top e su Leao dico…”

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Ibra: “Il mio ruolo al Milan? La verità! Allegri, Modric, Rabiot, Gimenez, Jashari un top e su Leao dico…”

Ibra: “Il mio ruolo al Milan? La verità! Allegri, Modric, Rabiot, Gimenez, Jashari un top e su Leao dico…” - immagine 1
A tutto Zlatan Ibrahimovic: queste le sue parole alla Gazzetta dello Sport sul momento del Milan e non soltanto.
Alessandro Cosattini

A tutto Zlatan Ibrahimovic: queste le sue parole alla Gazzetta dello Sport sul momento del Milan e non soltanto. "Ho già i capelli grigi… Sono arrivato con la coda, ora sono così, tra un po’ sarò pelato… Tutto è iniziato dopo 25 anni di carriera nel calcio, al massimo della velocità. Poi ho avuto 3-4 mesi di libertà per fare quello che volevo, senza una agenda, passavo tanto tempo con i miei figli e… dopo 25 anni ho conosciuto mia moglie. E la notizia è che siamo ancora insieme! Dopo tre mesi, ho visto Giorgio Furlani e mi ha detto: “Voglio che incontri Gerry Cardinale”. L’ho fatto: due volte a Milano, la terza a Los Angeles. Ma io non volevo niente, mi sentivo un uomo libero, non volevo ricominciare ad avere programmi. Lui insisteva, mi sfidava e io gli dicevo sempre no. Poi mi sono incuriosito. Gli ho chiesto tre cose per accettare: 1) devo essere me stesso, nessuno mi deve ingabbiare; 2) se entro deve essere a lungo termine; 3) torno per vincere. Lui ha detto: “per questo siamo qua”".

RUOLO - "Il mio ruolo non è cambiato, è sempre lo stesso, io rappresento la proprietà. L’anno scorso facevo più di quello che dovevo fare, non me l’ha chiesto nessuno, ero io che mi sono sentito di farlo, però non mi piaceva, perché se non posso essere me stesso non sto bene. Non voglio essere ingabbiato e infatti non ho voluto avere un ufficio. Vado io da quelli con cui ho bisogno di parlare. Ho coperto dei buchi che c'erano? Sì, la società ha aggiunto quello che mancava, adesso c’è una figura che sta sempre a contatto con giocatori e allenatore, è Igli Tare e lo fa bene. Io vengo qui a Casa Milan, a volte vado a Milanello: parlo tutti i giorni con Furlani e con Gerry che è molto coinvolto, studiamo cosa serve per migliorare il Milan, facciamo delle strategie, alla fine decide Gerry, però si fida molto di chi è in società. E poi sono coinvolto anche nella parte corporate e nell’area entertainment di RedBird. Sono una persona che, se non conosce una cosa, sta zitta, guarda e impara. Certo in altre aree ho più esperienza e parlo di più, o molto di più".


LEAO A TORINO - "C’è un allenatore, se posso aiutare senza disturbarlo lo faccio. Ma non vai sopra l’allenatore, lo metti solo in difficoltà. Io posso essere più amico di lui dei giocatori, ma sono sempre Ibra con l’esperienza di Ibra. Prima avevo solo una modalità strong, col tempo ho imparato che per entrare nella testa dei giocatori a volte devi essere più soft. E devi insistere. Allora, a Torino ero nello spogliatoio. Erano tutti arrabbiati, tutti, Allegri, perché si poteva vincere. E anche Leao che aveva sbagliato due gol. Ricordiamoci che durante la preparazione era il migliore, poi è stato fuori due mesi, ora deve tornare in forma. Chiaro che ci aspettiamo la magia, perché Leao è magia! Chiaro che parleremo sempre di lui, perché è uno dei giocatori più forti al mondo e non lo dico per marketing, ma perché ho giocato a calcio. L’ho visto ragazzino, adesso ha due figli: è un percorso. Dicono che ha già 26 anni, ma io sono diventato maturo a 28 anni. E comunque quando abbiamo vinto lo scudetto posso dire che lo ha vinto da solo... Non prendo crediti, voglio darli agli altri. Quello è stato il mio ruolo quell’anno. A inizio stagione ho chiesto: quanti hanno vinto qualcosa? Hanno alzato la mano in uno, forse due. E quanti hanno giocato in Champions? Di nuovo, uno-due. Era un gruppo di giocatori che nelle squadre da cui venivano stavano in panchina, avevano bisogno di un giocatore alfa, un leader da seguire. Era tutto un “Ibra andiamo a destra o a sinistra? Quando perdevamo dicevo “mandate solo me a parlare” così lasciavamo la squadra tranquilla: per me era come fare colazione. È nato un gruppo forte, che ha cominciato a volare. Quando abbiamo vinto lo scudetto li ho visti piangere, è stata la soddisfazione più bella. Ma io lo avevo detto subito il primo giorno del mio ritorno, vada a controllare".

STAGIONE - "Cosa dico? Che la squadra è molto competitiva per fare buoni risultati. Lo era già l’anno scorso, ma è stato un anno strano, appena ci riprendevamo cadevamo subito, però abbiamo imparato tanto. Comunque abbiamo vinto un trofeo e siamo arrivati secondi in Coppa Italia. Ma siamo il Milan, lo sappiamo. La società è stata molto brava a vendere bene giocatori non nel progetto oppure per altri motivi, ha scelto un allenatore di esperienza che dà equilibrio e stabilità. E ha portato quello che mancava, un po’ di esperienza".

QUARTO POSTO? - "Il Dna del Milan è vincere, soprattutto in Europa, e là dobbiamo tornare. Nessuno vuole cambiare il Milan, la sua cultura o la sua tradizione. Anche perché le do una regola: nessuno cambia il Milan, è il Milan che cambia te. A Milanello senti profumo di vittoria, dopo che sei stato lì non resti lo stesso calciatore. A Milanello, dal cuoco al giardiniere tutti fanno in modo che Allegri e la squadra possano esprimersi al meglio".

MODRIC - "Siamo diversi, lui è leader in campo, fuori si prende poco spazio, ma ha portato l’esperienza che mancava. Anche se non avesse giocato da “wow” solo standogli vicino ti avrebbe dato qualcosa. In campo gli abbiamo detto “entra e fai tu”. Se sono stupito di come sta giocando? No, lui gioca così da vent’anni. Molti restano al top due anni poi non li vedi più. Altri stanno in alto per vent’anni e sono i veri campioni anche se non vincono il Pallone d’oro: uno ce l’ha di fronte".

RABIOT - "Doveva venire un anno fa, ci avevamo provato ma voleva giocare in Francia".

ALTRI SINGOLI - "Sorpresa? Pavlovic può migliorare ancora. Gimenez appena si sblocca farà un sacco di gol. Jashari è un top. E anche Ricci crescerà: la squadra è un giusto mix di presente e prospettive".

ALLEGRI - "Il suo primo trofeo gliel’ho fatto vincere io. In quel Milan erano tutti campioni, la cosa difficile era mandarli in panchina, in campo andavano con il pilota automatico. Lui era molto bravo a gestire. Adesso è diverso, ci sono meno ego da fuoriclasse, è una squadra molto disponibile. E anche Allegri ha fatto il suo percorso, ha già vinto tanto, sa come si fa".

CHIVU - "Lo conosco dai tempi dell’Ajax. Era una squadra di talenti, lui era il più maturo. Avanti mentalmente e come persona. È stato un campione, come allenatore è presto per giudicare, gli mando un in bocca al lupo ma non deve vincere...".

IBRA - "Un attimo: Ibra è ancora Dio. Se ero in campo avevo tutte le risposte, in tribuna soffro ancora per non poter aiutare la squadra. Non ho obiettivi personali, tutto quello che faccio è per il Milan. E per tornare a vincere".