PALESTRA - "Ha prospettive importanti, ma il calcio è una fabbrica di illusi: ora è sulla bocca di tanti ma deve rimanere se stesso e lavorare più di quanto non stia facendo. La base fa ben sperare, ma deve farne di strada. Il Cagliari ha altri giovani importanti che devono ragionare come deve fare Marco: Obert viene dal settore, Idrissi dall’Academy, Prati ha talento. Davanti hanno un grande futuro".
CAPRILE - "Elia è un leader, ha talento e personalità. Meritava la Nazionale. È un grande lavoratore, molto attento i dettagli, arriva per primo e va via per ultimo. Deve continuare così. È un enorme piacere essere parte di questo suo percorso di crescita".
MINA - "È un giocatore simbolo per carisma e voglia di combattere. È brutto che sia stato messo alla gogna mediatica: in passato c’erano giocatori violenti sul serio, tra morsi, testate e interventi durissimi, e allora perché non dire che il nervosismo di Morata nasce dall’incrocio con un campione? Yerry vive una partita nella partita con mestiere ma senza violenza. Quello che sta accadendo con lui, oggi, è anche un’offesa al Var. Non vorrei che gli fosse impedito di giocare le sue partite come ha sempre fatto".
INIZIO - "Il Cagliari è la terza più giovane per media d’età dei giocatori utilizzati, eppure abbiamo sbagliato solo la partita con il Sassuolo. Fiducia nei giovani, senza protezione eccessiva, e la guida di qualche “vecchio” giusto come Mina, Luperto, Deiola, Pavoletti. Non abbiamo ancora tirato fuori tutto il nostro potenziale tra infortuni e condizione, ma mica si può fare in tre mesi. Oltre la vittoria bisogna crescere ogni volta: l’obiettivo è questo".
IL SUO CALCIO - "Visione, coraggio, responsabilità, organizzazione e collaborazione tra reparti. Sacrificio. Si allenano tattica, tecnica e carattere: il cuore del lavoro resta l’uomo. Guardo partite su partite, qualsiasi serie, qualsiasi nazione, e ogni volta cerco di rubare un’idea: mi piace vedere come difendono in Scozia o come costruiscono in Premier o in Serie C. Ho fatto un percorso di formazione a Salisburgo, credo nell’intensità e nel ritmo del calcio internazionale, ma sono di scuola italiana. Bisogna evolversi restando fedeli ai propri principi. Sono maniacale nei dettagli, scrivo tutto su quaderni che colleziono. Uno per stagione. Prima delle partite mi isolo cinque minuti per ricordare a me stesso da dove vengo e per cosa combatto. Mi fa sentire vivo. La nostra è una vocazione, siamo come i preti: bisogna ascoltare e accantonare l’ego. Io sono un empatico
OBIETTIVO - "L’obiettivo è la salvezza. Meglio se il prima possibile. Cagliari merita di restare dov’è, la sua dimensione naturale".
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