EMOZIONI - "Sicuramente sono state emozioni fortissime. Ho scelto di fare questo mestiere proprio per le emozioni che il calcio riesce a dare, sia in positivo che, naturalmente, bisogna saper accettare anche in negativo. Questa serata sarà davvero da incorniciare per l’emozione, l’affetto e l’amore che tutti i tifosi mi hanno dimostrato. Sono contento che la squadra abbia saputo reagire nelle difficoltà. Questi ragazzi non hanno mai mollato, hanno saputo comprendere il mio linguaggio: raramente ho dovuto alzare la voce. E questo la dice lunga sull’intelligenza di questo spogliatoio".
NON È FINITA - "È un fatto bello, finché non è finita, non è finita. Dobbiamo lottare, continuare a lottare e uscire dal campo come abbiamo fatto oggi, consapevoli di aver dato tutto. Poi accettiamo il verdetto del campo. Stasera, entrando nel merito della partita, siamo partiti molto bene: abbiamo pressato alto, giocato in velocità, trovato subito il gol. Dopo l’espulsione ci siamo un attimo rilassati. Pensavamo forse che la partita fosse in discesa. Ma non esistono partite facili, no, non c’è nulla di facile. Io sostengo che i giocatori del Milan abbiano una qualità indescrivibile. Forse sono i più forti, forse non sono riusciti a fare squadra in questa stagione, ma quando ci sono riusciti hanno battuto due volte l’Inter. È una squadra che, quando si compatta, può fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento della partita. E in quel caso, non ce n’è per nessuno, proprio per l’enorme qualità che possiedono. Per questo siamo stati bravi, nel secondo tempo, a sfruttare l’uomo in più, giocando con intelligenza. Cosa che invece non avevamo fatto subito dopo l’espulsione: in quel momento erano più pericolosi loro che noi".
PAREDES - "Avevo bisogno di un filtro davanti alla difesa e di due mezzali che facessero da incursori, non semplici appoggi per Paredes. Per questo ho chiesto sia a Cristante che a Koné di allungarsi e andare sempre vicino agli attaccanti, tra le linee. Ho deciso quindi di inserire Paredes perché avevamo bisogno anche di qualcuno in grado di gestire il pallone da dietro. Sapevamo che il Milan non ci avrebbe pressato troppo alto, quindi potevamo far girare palla velocemente, e lui, con le sue imbucate, poteva servire sia le due punte che le due mezzali, che dovevano posizionarsi oltre la metà campo avversaria, oltre i centrocampisti del Milan".
SAELEMAEKERS - "Saelemaekers l’avevo visto bene a Bergamo, giocava contro gli ex compagni e sapevo che avrebbe risposto, ha fatto una bellissima partita".
COSA LASCIA - "Lascio un gruppo solido, composto da giocatori che si allenano al massimo, a mille all’ora. Fin dal riscaldamento sono tutti pronti, reattivi. Non voglio dire che siano amici, ma riescono a convivere bene tra loro: mai una discussione, mai un problema. Chi arriverà, potrà davvero lavorare nelle migliori condizioni".
SERATA PIÙ BELLA - "Sì, sicuramente quello che ho vissuto qui a Roma, con tutta la Curva Sud, con tutto lo stadio, è qualcosa di bellissimo. Però, come ho detto prima in TV, evidentemente ho ancora l’adrenalina addosso. Nei prossimi giorni, magari riguardando i filmati, le fotografie, tutte queste cose, riuscirò a realizzare meglio tutto quanto. Perché è arrivato il momento di rivedere un po’ la mia carriera, com’è stata. Ma datemi ancora sette giorni… o quattro, non so quando giocheremo".
SEGRETO - "Io cerco sempre di entrare in sintonia con la squadra, di creare un feeling. Credo molto, pur parlando poco, nel dialogo, nella lealtà e nel rispetto reciproco. Quando qualcuno mi fa notare questo, non so cosa rispondere. Io sono semplicemente me stesso. Parlo chiaramente in faccia, non ho paura di dire le cose quando sento che è il momento giusto per farlo. Non ho mai rimproverato un mio giocatore pubblicamente, non gli ho mai dato la colpa per far notare un errore. Si lavora sull’errore per migliorare, punto. È questo un segreto? Non lo so. Io cerco soltanto di tirare fuori il meglio da tutti. Cerco che i miei giocatori vengano ad allenarsi con il sorriso sulle labbra. Poi, certo, si lavora seriamente e duramente. Ma con voglia. Ci si diverte, tra virgolette. Non si deve venire al campo con noia o malumore. Questo sono io, sono stato così fin dall’inizio della mia carriera da allenatore. Non sono stato un grande calciatore, ero un giocatore normale. Ho militato per otto anni in una squadra che ha lottato, che è salita e scesa. Non ero al livello dei miei giocatori, quindi mi sono sempre immedesimato in loro. Non mi sono mai dimenticato com’ero io e com’erano i miei compagni. E questo mi ha aiutato a rapportarmi con i giocatori in una certa maniera".
MANCHERÀ - "Mi mancheranno, ma credo che sia giusto dire basta, anche per il bene della Roma. Potrei restare, sì, ma no, c’è bisogno di un altro allenatore che prenda in mano questa squadra, altrimenti si rischierebbe di perdere un anno. E io questo non lo voglio, per la mia Roma, da tifoso".
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