Luis Alberto, centrocampista della Lazio, ha parlato ai microfoni del Corriere dello Sport. Queste le sue parole sul nuovo ruolo da leader in biancoceleste: “Non mi sono liberato di Sergej, e non è che non mi manchi un po’ però è vero...
Luis Alberto, centrocampista della Lazio, ha parlato ai microfoni del Corriere dello Sport. Queste le sue parole sul nuovo ruolo da leader in biancoceleste: "Non mi sono liberato di Sergej, e non è che non mi manchi un po’ però è vero che nei sette anni passati insieme eravamo noi a doverci prendere delle responsabilità, mentre adesso, con tanti nuovi, devo fare per due. Questo ruolo me lo sono preso io, da solo, perché penso che così debba essere. Sono nella Lazio da anni, oggi mi sento più maturo, completo, devo aiutare un po’ di più".
SIVIGLIA - "La verità sul Siviglia te la racconto. Tutti dicevano un sacco di cose: vuole andar via, vuole il Siviglia e tornare in Spagna, ma io non ho mai detto alla società di volermene andare al 100%. Ho spiegato che avevo qualcosa in mano e che se era anche nel loro interesse sarei partito volentieri. Il Cadice è un discorso diverso, non è attuale, è la squadra del mio paese, sono le mie radici".
SARRI - "Il nostro era un rapporto un po’ strano. La squadra stava giocando senza di me e, giustamente, io volevo il campo. Gli chiesi se potevo andare in prestito per sei mesi. Anche per prendermi un po’ di responsabilità, andar via mi avrebbe aiutato, avrebbe aiutato me e il Cadice. Diversi? E invece siamo molto simili. Proprio per questo abbiamo vissuto momenti un po’ così. La mia testa andava da una parte, la sua da un’altra. Un allenatore deve pensare al bene del gruppo e non tutti gli allenatori, in certi momenti, sanno gestire alcuni giocatori. Ne abbiamo parlato, tranquillamente. L’anno scorso si è presentato dopo dieci giorni, senza aver visto nessuno, per la preparazione di novembre e dicembre, con il campionato fermo per il Mondiale. Io volevo il Cadice, ritrovare la migliore condizione fisica, giocare. Lui avrà notato qualcosa di diverso in me e mi ha detto “tu non vai da nessuna parte, se ti alleni bene giochi sempre”. Da gennaio in avanti è cambiata la musica e anche la mia testa».
COSA GLI HA DATO - "Si deve imparare un po’ da tutti. Anche quando stavo male con lui, parlando di calcio con gli amici spiegavo di averlo aiutato a capire qualcosa. Ma è soprattutto lui che mi ha aiutato a diventare un giocatore più forte, completo. Grazie a Sarri sono cresciuto tatticamente, nelle fasi di non possesso e difensiva. Era quello che mi mancava, oggi mi sacrifico di più senza perdere lucidità e brillantezza".