IL MONDIALE - "Vincere un Mondiale è sempre speciale, bello e difficile: poi per tutto quello che ho vissuto, lo spirito di sacrificio per me vuol dire non mancare un allenamento ed essere sempre in campo. Io vivo così il calcio, ho giocato con la caviglia distrutta praticamente: facevo infiltrazioni tutti i giorni. Già nella seconda gara non avevo più sensibilità, non sentivo quando toccavo il pallone. Poi a fine stagione dopo la Champions League volevo operarmi: una decisione difficile. Mi viene da piangere perché io all'Inter do tutto, quando le cose non vanno uno cerca di lasciarle indietro: io ho sempre dato il massimo e a volte queste cose non si vedono. Io lavoro sempre al massimo, cerco di aiutare i compagni. Io sono arrivato a giocare un Mondiale con una caviglia così perché ho voluto sempre stare in campo e allenarmi: per me essere mancato al Mondiale in Russia è stato durissimo. Ed essere arrivato in Qatar così non era quello che volevo, ma io sono così: do il massimo ogni giorno e non guardo quello che arriva. Io vivo così coi miei figli, a livello personale e a livello calcistico: è tutto qua".
LA FASCIA - "La fascia al braccio è una cosa molto importante per un calciatore, di più in club come l'Inter, che ha avuto capitani che hanno fatto la storia. Io lo sapevo da un po' che sarei stato il capitano: poi quando giochi la prima partita con la fascia è tutto orgoglio e felicità. Con o senza quella al braccio io sono lo stesso: è stata una scelta del club e del Mister, fa piacere portarla ed è un orgoglio. Come capitano io ho bisogno di tutti: la porto, ma la squadra è la cosa più importante e ho bisogno dal più grande al più giovane. Rispetto e umiltà, mi porto queste cose".
POKER A SALERNO - "Ricordo particolare perché avevamo tre partite di fila e il giorno prima il Mister mi aveva detto che sarei andato in panchina per recuperare: io ero un po' incazzato perché voglio giocare sempre. Poi sono entrato e sono riuscito a sbloccare la partita, si stava mettendo in difficoltà: poi aprendo la gara c'erano più spazi e poi ho fatto quattro gol. Adesso ogni volta il Mister quando vado in panchina mi dice "se fai come a Salerno...".
MILANO - "Milano è casa mia, sembra che sono nato qua: ho avuto subito un legame con la gente e con la città. In strada i tifosi anche di altre squadre ti parlano prima con la persona e poi ti dicono cosa tifano. Io rispetto tutti e difendo la maglia come si deve, sempre rispettando: il Duomo significa tanto per Milano, lì ho vissuto tanti momenti dopo lo scudetto. E arrivare sul tetto del Duomo non era facile per me che sono arrivato dall'Argentina: è speciale".
FUTURO - "Mi aspetto di continuare a portare trofei all'Inter, principalmente quello che mi manca. Siamo stati molto vicini a vincere la Champions ma non ci siamo riusciti per una cosa o per l'altra: dobbiamo essere realisti, abbiamo fatto un ottimo cammino ma non possiamo rimanere con quello. Dobbiamo sempre andare avanti e cercare di alzare il livello aggiungendo obiettivi e trofei alla bacheca dell'Inter: è molto ampia ma deve continuare a crescere. E' questo l'obiettivo del gruppo".
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