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Gosens: “Kean dominante, con lui più tranquilli. Bove, la Champions e cosa chiede Palladino”

Marco Astori
L'esterno della Fiorentina Robin Gosens ha parlato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Queste le sue parole dopo la vittoria contro l'Inter.

L'esterno della Fiorentina Robin Gosens ha parlato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Queste le sue parole dopo la vittoria contro l'Inter: "Il messaggio è la forza del gruppo: eravamo in emergenza, in settimana non riuscivamo a fare 11 contro 11 e se tu superi queste difficoltà come squadra, gruppo, famiglia e fai prestazioni così, vuole dire che hai un gruppo straordinario. Se noi siamo questi, siamo difficili da battere. Questa Fiorentina può far paura quando gioca un calcio umile. Se siamo compatti, da forti possiamo diventare molto forti. Se invece iniziamo a pensare che siamo troppo forti e superiori, no".

FAMIGLIA - "Siamo una famiglia sì. Ed è giusto inserire il discorso di Edo Bove: questa cosa grave, negativa, non ci voleva ma ci ha rafforzato, ci ha fatto legare in una maniera che forse altrimenti non sarebbe stata possibile. Ovviamente nessuno se lo augurava, ma si è formato un legame fortissimo fra noi. Io potrei stare qui tutta la giornata e mi sentirei a casa. Qui sono felice. Cosa mi è rimasto di quel giorno? Edo era già un nostro fratello. Per quella serata, se ci penso, mi viene fuori ancora tanta tristezza: noi facciamo test e di tutto per stare in salute ma se succede a un ragazzo di 22 anni, beh, allora può succedere a chiunque. E ti vien da pensare che la vita può essere molto corta. Quando ho saputo che stava bene ho trovato la consapevolezza che bisogna godere di ogni secondo, sempre. E che la vita va anche presa con un sorriso in più. Edo avrà pensieri che non so, ma una cosa, la più importante e bella, c’è: ha la vita".

FRAGILITÀ - "Rispondo per me stesso: la fragilità è una cosa fondamentale per crescere come ragazzo e calciatore. Se tu non fai entrare la debolezza, se fai sempre finta di essere forte, ti chiudi la crescita. Io ne parlai apertamente (alla ZDF, ndr)? Esatto: se noi facciamo sempre il discorso che siamo ricchi e quindi impossibilitati ad essere infelici, beh, è un errore. O non possiamo mai dire che non stiamo bene? Io con i soldi non mi posso acquistare la salute mentale. Magari qualcuno disse “Ma che ca... stai dicendo Robin?”: se è successo non mi interessa, io me la sentii, col mio background e i miei studi. Accetto le critiche per un 5, fa parte del nostro lavoro; però io devo “sentire” il mio mondo e parlarne, non stare zitto".

A CHI DIRE GRAZIE - "Gasperini: mi ha cambiato la vita a livello calcistico, mi ha estratto cose che non sapevo ma che avevo. Poi a Marino Pusic, tecnico dello Shakhtar: lui è stato il primo allenatore in Olanda, mi ha portato da una squadra piccola in Germania alle giovanili del Vitesse. Mi ha visto, mi ha voluto, ha chiamato i miei genitori dopo un provino. E poi a mio padre: Holger, il mio Batman, che a stamattina non mi ha ancora fatto un complimento in vita sua. Non per cattiveria ma lo fa per tenermi coi piedi a terra. Io sono nato in un villaggio piccolo, lontanissimo dai soldi e dalla vita che sto facendo: e questo mondo per i miei genitori era impossibile da immaginare e il suo modo di pensare è un modo amorevole di stimolarmi".


KEAN - "Dominante? Lo è sì. Sa trascinare, non ha bisogno di tante occasioni per fare gol ed è un vantaggio che aiuta la squadra: con uno così stanno più tranquilli tutti...".

INTER - "Squadra di top player, come oggi. Mi rimase impressa la mentalità vincente, il pensiero unico per la vittoria: anche dopo una brutta partita, ma l’importante era tornare dentro lo spogliatoio col risultato. Per aver vissuto un ambiente così 18 mesi, beh, sono veramente grato. Rimpianti? Non ne ho: alla fine c’è stato un Dimarco che quando sono arrivato è esploso. Va accettato".

CHAMPIONS - "Ho avuto la fortuna di poterla giocare, alza il livello. Ma ora sarebbe sbagliato parlarne: se fissi un obiettivo così importante, magari realistico se lavori con umiltà e compattezza, passi dalla voglia di vincere all’obbligo. E c’è differenza: le pressioni sono diverse. Ora bisogna godersi solo il momento".

SPOGLIATOIO - "Siamo una squadra in cui si scherza: seri in campo ma fuori non siamo presuntuosi. Qualcuno ha detto che il più serio sono io (sorride, ndr) o che lo sono troppo. Ne ho parlato con un magazziniere che mi ha confessato, ridendoci insieme, che prima di conoscermi aveva detto che “con uno come me non si scherzerà mai”. Forse è perché in campo sono molto serio, anche in allenamento, magari a volte esagero ma lo faccio per la squadra".

PALLADINO - "Di saper variare, infatti abbiamo cambiato diversi moduli: evidentemente c’è un valore nella squadra se ci riusciamo. Si affida tanto ai giocatori che danno sicurezza, affidabilità. Mi ha chiesto di essere uno che alza anche la voce, che dà una mano ai giovani, di mettere quel che sono capace di fare. Di essere Robin".