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Ferguson: “Vi racconto il mio infortunio. Italiano, la Champions e il mio amore per il Bologna…”

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Lewis Ferguson, centrocampista del Bologna, ha concesso un’intervista ai microfoni di Sportweek. Queste le sue parole. RACCOMANDATO – “No, quello non l’ho mai sentito. Hanno fatto paragoni, quello sì: ma è normale. In ogni...
Marco Astori

Lewis Ferguson, centrocampista del Bologna, ha concesso un'intervista ai microfoni di Sportweek. Queste le sue parole.

RACCOMANDATO - "No, quello non l’ho mai sentito. Hanno fatto paragoni, quello sì: ma è normale. In ogni minuto della mia vita, calcio o no, ho sempre cercato di fare una corsa o una cosa in più. Il loro livello è stato alto, cerco di non essere da meno".

NO DEI RANGERS - "A 14 anni feci un provino proprio per i Rangers: mi scartarono, ero piccolino ma me la ricordo come una grossa delusione, visto il legame del club con la mia famiglia. Però probabilmente da quel momento è “nato” il Lewis di oggi: diventare un calciatore era il mio sogno, quindi dal giorno successivo avrei dovuto dimostrare a tutti che lì si erano sbagliati. Quello shock l’ho usato come reazione motivazionale per essere ancora migliore".


INFORTUNIO - "Entrambi gli eventi mi hanno insegnato tanto, tantissimo. L’infortunio della passata stagione era il primo della mia carriera: le prime tre settimane sono state pesantissime, non mi potevo muovere, ricordo che la sera dopo l’intervento guardavo giocare Milan e Roma e mi chiedevo se sarei potuto tornare a muovermi, scattare, correre, giocare in quella maniera lì. Fissavo la televisione dell’ospedale e mi si aprivano domande su domande. Vedevo quei ragazzi in campo, quelli coi quali gioco ogni settimana, e pensavo che sarebbe stata dura riprendermi e fare quelle movenze dentro una partita. La testa viaggiava, in quel periodo, perché era inevitabile che mi chiedessi un mare di cose: tornerò? E come tornerò? Come prima? Ho passato un’estate intera a lavorare, ho avuto un supporto qui a Bologna strepitoso. E a inizio novembre sono tornato in campo ma non è stato subito semplice… Dopo due-tre mesi, quando mi sono rimesso in campo per allenarmi e recuperare, ero soprattutto arrabbiato: con me stesso. Non mi sentivo lo stesso di prima, era tutto nuovo, dovevo avere pazienza e insistere ma ce l’avevo con… me. Se ho pianto? No. Ma ero triste, quello sì. Poi, poco alla volta tutto è tornato come prima".

BOLOGNA - "Qui, una famiglia. Se ripenso alla scelta che ho fatto tre anni fa, beh, dico che lo rifarei adesso, che non ho sbagliato una virgola. La mia decisione fu perfetta. La città? Adoro la gente, appassionata e allegra, Bologna è un posto speciale: in centro ci vado ogni tanto ma per me sembra quasi diventata casa. Amici nel calcio? Ndoye, Beukema, El Azzouzi e Zirkzee. Abbiamo una chat in comune in cui si parla di calcio ma anche di quotidianità. Insieme andavamo tutti a vedere il basket l’anno scorso. Poi sono amico di Billy Gilmour del Napoli".

SCOZZESI - "Perché gli scozzesi hanno zero problemi nel calcio italiano? Ha ragione: penso a McTominay, Che Adams, Henderson… Perché abbiamo buona qualità, mentalità forte, perché non abbassiamo mai l’idea di dare il cento per cento, perché cerchiamo sempre il meglio per noi stessi e per la squadra".

CHAMPIONS - "Ci proviamo. Perché la Champions è di un altro livello e ha aiutato tutta la squadra, mentalmente e dal punto di vista gestionale e calcistico. Credere in questo Bologna è facile: oltre a essere una famiglia, tutti vanno nella stessa direzione, dalla stessa parte, uniti e tosti. Se potessi tornare indietro partirei ora con la Champions League, a febbraio. Vorrei riavvolgere il nastro, tornare all’inizio della competizione e giocare, oggi, contro lo Shakhtar Donetsk, la prima gara che abbiamo fatto: perché oggi siamo più squadra, oggi sarebbe tutto diverso e faremmo certamente più punti. Oggi sapremmo subito come si fa: la Champions è bellissima ma durissima, e quelle otto gare ci sono servite molto a crescere. A tutti".

MIHAJLOVIC - "Non l’ho mai conosciuto bene né abbastanza, ma si vedeva la sua difficoltà sorretta da una forza caratteriale mostruosa. Quel periodo, e anche quello che era passato prima, ha unito tutti: in lui c’erano carattere, volontà, messaggi forti; e in tutta la squadra si è creata un’unione che ancora oggi è da esempio".

ITALIANO - "Motta mi diede fiducia praticamente subito sì. Vincenzo è differente: in lui c’è una passione fortissima per il calcio. Beukema ha detto che parla sempre? È vero (sorride) e poi non sta mai fermo… Nel periodo passato in tribuna infortunato, in una partita mi sono fermato a guardare solo lui: sempre in movimento, incredibile (sorride). Ma è giusto essere sempre se stessi, ci piace. Italiano è “intenso” ".

SOGNO - "Giocare il Mondiale con la mia Scozia".

NO ALLE OFFERTE - "Non ho mai sentito nulla... E ribadisco che l’amore che ho per Bologna, anche visto il rinnovo che ho firmato fino al 2028, oggi viene prima di tutto".