COME STA - "Tra club e nazionale ho giocato circa 60 partite. Sto bene, sì. Ma ho 39 anni, la carta d’identità non mente. Diciamo che non sono ancora da buttare, però per restare al passo devo lavorare molto più degli altri. Non siamo più ragazzini…".
SEGRETO - "La cura di ogni dettaglio. Dopo che scendi in campo, recuperi più lentamente rispetto a dieci anni fa. Così nascono una serie di programmi di prevenzione: svolgo esercizi prima e dopo l’allenamento, sto attento all’alimentazione, cerco di riposare bene. Certo, con quattro bambini in casa non è una passeggiata. Devo ringraziare mia moglie: quando si avvicinano le partite, lei si prende cura di loro e io dormo da solo".
ATTACCANTE - "Non ho inventato nulla, sono semplicemente fatto così. Spesso dall’esterno si valuta il rendimento di una punta guardando il numero di gol segnati, ma io mi diverto a giocare a calcio e non sopporto l’idea di restare fermo in area ad aspettare una palla-gol. Mi piace entrare nel gioco, mandare in porta i compagni. E devo dire grazie all’Italia: anche se sono arrivato qui a 29 anni, quasi tutto quello che so sul calcio l’ho imparato da voi".
KEAN - "Giocare con calciatori forti è sempre un vantaggio, per i singoli e per la squadra. Il concetto di concorrenza è superato: tutti i club ambiziosi hanno una rosa di 22 titolari e alla fine gioca chi sta meglio. Una volta toccherà a me, un’altra a Moise, un’altra a entrambi. Lui viene da un anno pazzesco, gli auguro di confermarsi a quel livello. A Firenze, ovviamente".
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