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Carnesecchi: “L’Atalanta ha fiducia in me. Alternanza con Musso? Non ero abituato ma…”

Marco Astori
Lunga intervista rilasciata da Marco Carnesecchi ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole sul momento della Dea: “Di sicuro sta accadendo che l’Atalanta se la giochi con le big. Io, ancor più che pronto, mi sento...

Lunga intervista rilasciata da Marco Carnesecchi ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole sul momento della Dea: "Di sicuro sta accadendo che l’Atalanta se la giochi con le big. Io, ancor più che pronto, mi sento orgoglioso di essere il suo portiere, e dunque felice, perché vuol dire che sto lavorando bene. Sentirsi solo pronto ti può far frenare, sentirsi felice ti dà forza per giocarti bene le chance che ti danno".

PARATA SU GUDMUNDSSON - "La più bella l’avevo fatta su Pereyra a Udine, ma se parliamo di importanza sì, lo è stata, molto. E per dirla tutta, sono stato pure un po’ fortunato".

SCELTA IN ESTATE - "La prima scossa me l’ha data il direttore D’Amico: è venuto a cena a Cremona, abbiamo chiarito un po’ di cosette del passato, mi ha fatto sentire quanto l‘Atalanta voleva che tornassi. La seconda il mister: "“Marco, ora che sei qui giocati bene le tue carte”".

RINNOVO - "Grande segnale di fiducia del club, ma me l’hanno sempre fatta sentire, in realtà. Il giorno che ho firmato, mi è tornata in mente quella telefonata del mio procuratore, gennaio 2017, ero un ragazzo del Cesena: “Domani andiamo a Bergamo, ti prende l’Atalanta”. E sono stato felice non solo per me, ma anche per i miei genitori che mi hanno sempre aiutato: un premio per me, ma pure per loro".


ALTERNANZA - "Non ero abituato, ma era giusto: Musso è un grande portiere e stava facendo bene. Facciamo un mestiere complicato, è un ruolo che ha bisogno di misure, certezze: non è stato semplice, ma ora ho un’esperienza importante in più nel mio bagaglio".

PARTITA DELLA SVOLTA - "Quel rinvio sbagliato con il Napoli, che ha portato al gol di Elmas e alla nostra sconfitta, mi ha fatto bene, mi ha scosso. Erano ancora i tempi dell’alternanza, potevo cadere in pensieri negativi e invece mi dissi: no, Marco, questo non sei tu. O ti vuoi nascondere ancora dietro all’alibi del “gioco poco”? Poi la sconfitta di Bologna, eravamo tutti incavolati neri, e io non mi sono più fatto la domanda “Sono pronto? Non sono pronto?”. No, mi sono chiesto: “Cavolo, Marco: cosa puoi fare ancora di più?”".

LAZIO - "Sliding Doors? Non lo so, ma non sempre - come si dice - tutti i mali vengono per nuocere. Quell’imprevisto mi ha fatto capire quanto è necessario essere professionisti: per giocare ad alti livelli riducendo al minimo il rischio di infortuni bisogna avere pazienza e un metodo di lavoro importante".

GASPERINI - "Come ho fatto a riconquistarlo? Non credo di averlo fatto ancora. Se il mister ti dà una maglia non è per sempre, se non lavori bene e sempre. Non ti fa mai accontentare: mi sento un giovane molto fortunato ad essere allenato da lui. A Cremona uscivo tanto, forse anche troppo: ho ritrovato la fiducia di andare sulle palle alte, e fa la differenza. E poi il mister cerca di modernizzarmi, vuole che migliori soprattutto nel gioco da fondo campo con i piedi, per trovare l’uscita migliore, e a questo invece non ero granché abituato".

CHAMPIONS - "A marzo ci aspetta un tour de force complicatissimo: più pensiamo lontano e peggio è, perdiamo energie invece di utilizzarle per crescere ancora, visto che non abbiamo ancora toccato il nostro punto più alto. Non è che non ne vogliamo parlare, anzi, ma è meglio farlo più in là: mi rifà la domanda all’inizio di aprile?".

NAZIONALE - "Quello che è da quando sono piccolo: un obiettivo. Il sogno, adesso, è essere convocato per l’Europeo".

MATURITA' - "Le dico quello che non deve essere l’età: una scusa. Oggi nel calcio il giovane è ben visto, non deve trovarne: “Beh è giovane...”. I giocatori più maturi possono essere più lucidi e sicuramente io non mi sento al top della maturità, anche se un po’ della gavetta che serve a sapere come comportarsi ho avuto la fortuna di farla. Ma se arrivi a giocare ad un certo livello, avere 20 anni o 30 conta fino ad un certo punto: devi dimostrare di poterci stare, e basta".


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