Nella sua autobiografia, Francesco Acerbi, difensore dell’Inter, è tornato così sulla questione Nazionale, raccontando anche l’episodio con Juan Jesus in cui fu accusato di razzismo: “Io ero tranquillo, convinto che la...
Nella sua autobiografia, Francesco Acerbi, difensore dell'Inter, è tornato così sulla questione Nazionale, raccontando anche l'episodio con Juan Jesus in cui fu accusato di razzismo: "Io ero tranquillo, convinto che la questione si fosse risolta lì. Poi, a sorpresa, arrivò una telefonata di Spalletti, che mi disse: «Vieni qui, chiedi scusa ai tuoi compagni e poi torni a casa». Nessuna spiegazione, nessuna possibilità di confronto vero. Solo quella frase secca. Io, con rispetto, feci quello che mi era stato chiesto: parlai ai compagni e poi tornai in stazione. Tutti a parlare della mia esclusione, del presunto caso, delle accuse di razzismo. Ma nessuno che volesse davvero ascoltarmi. Nessuno che mi avesse chiesto cosa fosse successo davvero. E, soprattutto nessuno che mi avesse dato la possibilità di raccontare la mia verità. Nessuno.
E la cosa più dura da accettare è che, in quella situazione, chi avrebbe dovuto difendermi aveva scelto di abbandonarmi. Il CT non aveva aspettato la verità dei fatti, aveva semplicemente preso una decisione lasciandomi solo in mezzo alla bufera. Pochi giorni dopo, il 26 marzo 2024, la giustizia mi assolse dalle accuse: non c'erano stati insulti razzisti, non c'era stato alcun illecito. Ma ormai il danno era fatto. E non parlo solo dell'esclusione dalla Nazionale. Parlo del modo. Del silenzio. Della freddezza e della mancanza di rispetto che ti fanno sentire piccolo, invisibile, inutile. Mi aspettavo un altro atteggiamento. Mi aspettavo che il CT mi tenesse nel gruppo fino a un'eventuale sentenza di condanna. Invece niente.
Un giudizio inappellabile e via. Il problema vero non fu l'esclusione ma la mancanza di rispetto. Era il fatto di non essere stato difeso dal mio allenatore, da chi doveva dare un senso all'idea di squadra. Qualche tempo dopo, in una conferenza stampa, Spalletti parlò di me ironizzando sull'età, come se fossi un giocatore ormai bollito. Non mi sentii offeso. Anzi, quella frase mi strappò un sorriso, perché in fondo è vero: non sono più un ragazzino. Le parole usate quella volta mi fecero capire che l'attenzione e il rispetto per me non c'erano più. In pochi lo sanno, ma durante le partite di qualificazione per l'Europeo 2024, io giocavo con un dolore continuo, costante, che si faceva sentire a ogni passo, a ogni contrasto", riporta FcInter1908.