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Malinovskyi: “Infortunio? Mi ricordo il panico, ve lo racconto. Rientro? Non do date perché…”

Marco Astori
Ruslan Malinovskyi, centrocampista del Genoa, ha concesso un'intervista ai microfoni del Secolo XIX. Queste le sue parole sul grave infortunio subito a Venezia.

Ruslan Malinovskyi, centrocampista del Genoa, ha concesso un'intervista ai microfoni del Secolo XIX. Queste le sue parole sul grave infortunio subito a Venezia: “Sono passati quattro mesi giusto ieri. Mi ricordo il panico, non il dolore. Vedi la caviglia in quelle condizioni, mentalmente è difficile. Ma non sono certo uno che si arrende. E in testa ho solo una gran voglia di tornare a giocare".

RIENTRO - "Posso dire solo che sta andando tutto bene, che la caviglia è guarita e con l'aiuto dello staff sto lavorando senza sosta. Però per tornare in campo devo sentirmi al cento per cento. Una data? No, perché anticipare con il rischio... di correre un rischio non avrebbe senso. Possono servire due settimane, un mese o un mese e mezzo. Molto dipenderà dalle risposte che avrò dal campo. Però non vedo l'ora di tornare a giocare. Devo ringraziare prima di tutto il professor Santolini che mi ha operato, poi lo staff medico del Genoa che ha continuato a lavorare con me anche quando era il momento di andare in ferie. Quando ho tolto la vite e i punti, erano passati più o meno due mesi, mi sono posto come obiettivo di vedere come andava settimana dopo settimana. Non giorno dopo giorno, perché uno può andare bene e l'altro male, serve più tempo per fare un bilancio. Ho bisogno di trovare l'equilibrio giusto, per non rischiare nuovi infortuni. Abbiamo una lista lunga di obiettivi da raggiungere, la maggior parte sono a posto".

RITORNO IN CAMPO - "Mi piacerebbero un gol e un assist ma la cosa più importante è la vittoria della squadra. Sogno di giocare la partita del mio rientro e di concluderla senza avere alcun problema fisico. Perché sarà banale dirlo ma una cosa l'ho imparata. Che la salute è la cosa più importante. E ho imparato un'altra cosa: Non mi piace guardare le partite dalla tribuna. Mi manca tanto, troppo la partita con i miei compagni. E non vedo l'ora di rientrare per poter essere di aiuto alla squadra".

INFORTUNIO - "Ecco, userei un termine diverso: non è stato un infortunio ma un incidente. Di quelli che ti puoi procurare camminando per strada, magari inciampando in una buca. Poi certo, mi ricordo il silenzio che è calato all'improvviso dentro lo stadio. Ero proprio sotto la curva del Venezia, si sono accorti subito di quello che era successo. Mi ricordo il senso di panico, la sensazione che fosse tutto finito guardando la caviglia ridotta in quello stato... Ecco, non mi ricordo un particolare dolore, solo un po' di fastidio. Ma la sensazione di panico, quella sì. Vedere quella roba, è mentalmente difficile da accettare".


PAURA DI SMETTERE - "Sappiamo che ci sono esempi di giocatori costretti a fermarsi dopo incidenti gravi, dopo diverse operazioni. Io sinceramente no, non ho mai avuto paura di non farcela. Probabilmente mi ha aiutato il fatto di essermi rotto il crociato ai tempi in cui giocavo nel Genk. Sono rimasto fuori per otto mesi, sapevo già che solo con il lavoro costante e quotidiano si può venire fuori da un infortunio così grave".