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Il tutor di Ronaldo: “Già a 12 anni era unico. La Juve per un motivo… e segnerà come sempre”

Il tutor di Ronaldo: “Già a 12 anni era unico. La Juve per un motivo… e segnerà come sempre” - immagine 1
Leonel Pontes: una figura fondamentale per Cristiano Ronaldo. Nonché il primo tecnico a seguire il portoghese, nel suo arrivo allo Sporting Lisbona nel 1997. Non è tutto, perché Pontes curava anche l’edizione del giovane Cristiano, una sorta...
Alessandro Cosattini

Leonel Pontes: una figura fondamentale per Cristiano Ronaldo. Nonché il primo tecnico a seguire il portoghese, nel suo arrivo allo Sporting Lisbona nel 1997. Non è tutto, perché Pontes curava anche l’edizione del giovane Cristiano, una sorta di tutor. Queste le sue parole rilasciate in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: 

A che età ha incontrato Ronaldo?

«Aveva 12 anni, nell’isola di Madeira, l’ho visto per la prima volta nel marzo del 1997 in un torneo di calcio alla Camara de Lobos, mi venne presentato dal suo padrino. Mi dicevano che c’era un giocatore di grande qualità e con caratteristiche uniche…».


Che impressione ha avuto?

«Era un ragazzo magro, sottile come un pennello ma con un occhio vivo e luminoso, un profilo da atleta per la sua età».

Fisicamente come si presentava?

«Era piccolo, ma aveva stoffa. Bastava osservarlo un attimo per vedere che aveva delle ottime qualità con la palla. Per sicurezza ho chiesto informazioni ad alcuni amici allenatori: nessuno aveva visto un giovane con simili potenzialità».

Poi allo Sporting. Ci racconti un po’ quel Ronaldo.

«Era un giovane che esprimeva grande fisicità. Poi ha rivelato abilità con la palla, naturalmente. Ci sono stati momenti difficili, quando voleva tornare a casa. Non bisogna dimenticare che all’epoca aveva solo 12 anni, aveva lasciato l’isola per una grande città, Lisbona, senza alcun tipo di supporto familiare…».

E invece…

«Continuò. Alla fine del primo anno di allenamenti, trascorse una vacanza a casa dei miei a Madeira. Mia madre mi ha chiese se quel ragazzo, quel Ronaldo, sarebbe diventato un calciatore. Risposi che ero sicuro, Cristiano sarebbe esploso...».

Cosa ha significato Madeira per Ronaldo?

«È un’isola che ti lascia un marchio profondo. E lui è riconoscente, ha Madeira nel cuore e ama tornare a casa ogni volta che può. Cristiano è orgoglioso di essere madeirense. Madeira deve molto a lui: oltre che per il turismo la nostra isola è conosciuta per CR7. Il Museo Funchal è un’attrattiva incredibile».

Qual è stato il tecnico più importante nella formazione di CR7?

«Sicuramente Alex Ferguson, ma il merito più grande è proprio suo, di Cristiano. Ha una forza mentale unica, passione e dedizione per il gioco, vuole superarsi sempre. Questo sin da ragazzino lo ha reso un fenomeno».

Si aspettava il suo addio al Real?

«Non sono rimasto sorpreso. Sono state pubblicate varie notizie sul suo disappunto per la mancanza di supporto in alcune questioni professionali e private. Eppure ha fatto la differenza ed è stato uno dei più grandi giocatori della storia del Real. Cosa non facile per un portoghese. Lui è un uomo che vive di grandi sfide, perciò ha scelto la Juventus. So che è motivatissimo, vuole rispondere positivamente alle aspettative in un campionato molto difficile».

Però è fermo ancora a zero gol…

«Segnare è da sempre la sua specialità, ma in Serie A le squadre difendono sempre molto bene e ci sono meno spazi. Presto vedremo quello che ha sempre saputo fare... Lui deve restare felice e mantenere viva la passione».

Tutto bello come in un film. Ma c’è stata una volta in cui l’ha fatta arrabbiare?

«Una volta l’ho incontrato alla fine di un allenamento e gli chiesi: “Che cosa stai facendo? Finito il tuo lavoro in campo dovresti riposare”. E lui: “Mister, ho bisogno di farlo, ho bisogno di essere veloce con le mie gambe”. Aveva messo i pesi sulle sue caviglie e per un po’ continuò a lavorare così. Quella volta mi fece perdere la pazienza. Ma ora, a distanza di anni…».