Ariedo Braida, a Tuttosport, parla così di Nicolò Fagioli e non soltanto in chiave Cremonese: “Diciamo che in una stagione come questa c’è modo di divertirsi e c’è anche modo di soffrire perché il calcio, come lo vivo io, è...
Ariedo Braida, a Tuttosport, parla così di Nicolò Fagioli e non soltanto in chiave Cremonese: "Diciamo che in una stagione come questa c’è modo di divertirsi e c’è anche modo di soffrire perché il calcio, come lo vivo io, è passione. Poi è chiaro, ho un passato e un mio vissuto: l’esperienza aiuta. Per inciso: molte volte dicono che devono giocare i giovani, devono “fare” i giovani... Ma io invece dico: devono fare coloro che sono capaci, coloro che hanno la competenza. Giovane non è sinonimo di bravura, giovane non mi dice niente. Conta se uno è bravo o no: io ero al Barcellona e c’era Ansu Fati, che a 16 anni ha iniziato a giocare in prima squadra. Ma perché era bravo, mica perché era giovane. Ibrahimovic perché gioca? Lo stesso motivo, perché è bravo".
FAGIOLI E ZANIMACCHIA - "C’è la tendenza, spesso, di parlare dei giovani cercando di essere eccessivamente generosi. Ma secondo me bisogna essere severi per stimolarli a fare meglio, sempre. Sono due ragazzi... Parliamo di Fagioli, intanto, che ha talento naturale enorme. Ecco, la grande crescita la fa se lui il talento naturale lo mette a frutto in tutti gli aspetti, a 360 gradi. Non basta solo la qualità innata, occorrono anche la determinazione, la tenacia, la grinta: bisogna curare tutti questi aspetti anche se non fanno parte del proprio bagaglio. Bisogna lavorarci convintamente. Dunque, per lui, deve esserci un percorso. Cosa ha fatto? Un campionato di Serie B: molto buono. Ma deve proseguire questo percorso. Se lui alla Juventus ci arriva da titolare, giocherà titolare, ma se arriva da non titolare sarà ai margini e poi cosa lo attenderà? O va e sfonda immediatamente, oppure... Ecco, per me in questi casi regge l’esempio di salire una scalinata: meglio fare un gradino alla volta. Non bisogna dare un eccesso di responsabilità a questi ragazzi. Bisogna anzi fare in modo che giochino senza l’assillo. Altrimenti c’è meno entusiasmo e questo diventa un problema. Tutti abbiamo bisogno di un percorso".