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Marotta: “Sento dire ‘quarto posto importante’, ma conta vincere! Barella, Mkhitaryan, Inzaghi…”

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Ospite della presentazione del libro "Inter, il nuovo secolo" di Beppe Severgnini, il presidente dell'Inter Beppe Marotta si è concessa ad una lunga intervista. Le sue parole
Andrea Agostinelli

Ospite della presentazione del libro "Inter, il nuovo secolo" di Beppe Severgnini, il presidente dell'Inter Beppe Marotta si è concessa ad una lunga intervista. Le sue parole riprese da FcInter1908.

INTER - "Oggi amo l'Inter certamente, ma ho fatto un passaggio partendo dalla gavetta e dalla provincia, per poi passare in tantissime squadre. Sono un amatore del mondo del calcio. Prima ero un sognatore, sognavo di diventare presidente, pensavo di una squadra magari molto più bassa dell'Inter. La fortuna mi ha dato un'occasione non da poco, quando gli azionisti mi hanno fatto questa proposta ero un po' scosso. Essere presidente dell'Inter è come toccare il cielo con un dito veramente. Sognavo tante cose belle da piccolo, ho preferito la carriera da dirigente a quella da calciatore, infatti ho smesso prima, ma non pensavo di poter diventare presidente dell'Inter. Mi porto dentro da sempre la voglia di vincere, mi considero ambizioso perché abbiamo tanto ancora da vincere. Abbiamo qualche sfizio ancora da toglierci: Istanbul insegna".


VINCERE  - "Lo sport è competizione e cercare di arrivare più in alto del tuo avversario. Ritengo che una società come l'Inter, per storia, blasone e palmares non può dire che vuole vincere il campionato o la Champions, ma deve partecipare sempre per vincere. Sento dire da altri 'l'importante è arrivare nelle prime quattro', ma non è così. L'importante è vincere. Poi, se non si vince benissimo, vuol dire che gli avversari sono stati più bravi. L'asticella però deve essere sempre alta. Così come se tratto un giocatore forte, un tentativo devo sempre farlo, poi magari non lo prendo perché non ci sono le condizioni. Dipende da noi: se saremo all'altezza, riusciremo a essere protagonisti. Senza paura".

DIRIGENZA - "La squadra vincente non è solo quella in campo, ma anche quella fuori dal campo. E' spesso il grande equivoco che si vive nel mondo del calcio. Italo Allodi diceva che nel mondo del calcio un muratore può diventare architetto un giorno dopo. Solo nel calcio succedono certe cose, in altri ambiti c'è una specificità diversa. E' importante comunque che la proprietà dia fiducia al management, così come è successo sia con Zhang che con Oaktree. Ausilio, ma anche Baccin e gli altri sono gli stessi che c'erano con la vecchia proprietà. Questa è stata la nostra fortuna.

INZAGHI - "Perché ho scelto Inzaghi quando è andato via Conte? La scelta è adeguata anche al momento. In quel momento pensavo servisse un profilo come quello. In alcuni momenti magari serve più autorevolezza, in altri maggiore capacità di gestione. Cerco di far fruttare la mia esperienza con scelte oculate".

MERCATO - "Se io cerco di prendere un giocatore fortissimo, e poi non ci riesco, non è che sono scarso. Probabilmente non c'erano le condizioni ma io il tentativo devo farlo lo stesso, l'asticella deve essere alta. E così perché non lottare per vincere in campionato e in Champions? Senza paura di essere criticato".

MKHITARYAN - "Noi siamo tacciati di aver preso tanti giocatori svincolati, ma quel tipo di giocatore va corteggiato tanto per prenderlo. Nel calcio ci sono talenti e campioni: Mkhitaryan, per quello che aveva dimostrato e per quello che abbiamo potuto verificare nella vita privata, lo definisco un campione. E' meticoloso nella scelta dei dettagli come dell'alimentazione".

BARELLA - "Barella cresciuto anche caratterialmente? Il lavoro nostro è quello di far crescere i giocatori non soltanto sotto l'aspetto tecnico. Nella sfera umana c'è anche l'intenzione di capire cosa rappresenta l'arbitro. Noi abbiamo inventato il ruolo del referee manager col quale i calciatori studiano anche l'arbitro. Dopo la designazione andiamo a vedere il designato come arbitra e che tipo di rapporto con i calciatori ha in campo. Barella magari in passato da quel punto di vista peccava, oggi è molto migliorato. Non studiamo solo l'avversario, ma anche l'arbitro".

TIFOSI - "Io ho sempre trovato nel mio peregrinare per l'Italia tifosi legati al club, ma che desideravano conquistare successi più grandi. Il tifoso sicuramente è una parte integrante del club e vuole vincere. Giusto sia così. L'ambizione è positiva. Un conto è essere arroganti, un altro essere ambiziosi. Nello sport, essere ambiziosi vuol dire avere grande carattere, voglia di vincere e avere un traguardo davanti. Vorrei questo dai tifosi e anche da noi nella squadra".

SCARONI - "Severgnini mi ha anche definito un Kissinger, è il mio DNA. Prediligo l'arte della diplomazia, difficile vada allo scontro. Non sono autoritario, ma cerco comunque di imporre la leadership che rappresento. Non sono un istintivo, cerco sempre di razionalizzare e rispondere. L'ho fatto anche qualche giorno fa con Scaroni, quando ho mostrato le due stelle per dire che a Milano c'è una sola squadra con due stelle".