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Lautaro: “Io e Simone Inzaghi sottovalutati! Vivo per il gol, tra Scudetto e Champions dico…”

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Lautaro Martinez ha rilasciato un'intervista a Il Corriere della Sera alla vigilia di Inter-Como, queste le parole del capitano nerazzurro.
Andrea Agostinelli

Lautaro Martinez ha rilasciato un'intervista a Il Corriere della Sera alla vigilia di Inter-Como, queste le parole del capitano nerazzurro.

GOL - "Sono un attaccante e vivo per il gol. Però si deve anche analizzare la partita che uno fa. E io in questi mesi sto giocando più lontano dall’area, perché mi piace far salire la squadra: è una cosa che sto aggiungendo al mio gioco e mi sento bene così. Conosco la regola del ketchup? Spero sia così. Del resto mi è già successo. L’importante è stare tranquilli e lavorare nel modo giusto. Sempre


THURAM - "Marcus sta più centrale e più avanzato, ma non è una cosa studiata: nasce dalla nostra intesa in campo. L’anno scorso spesso era lui che arretrava un po’ o si allargava, adesso tocca a lui fare più gol".

CONDIZIONE - Dopo la vittoria della Copa America sono tornato qualche giorno prima dalle ferie per l’infortunio di Taremi e ho avuto qualche difficoltà: il corpo a volte ti presenta il conto. Adesso però sto meglio. Mi sento un robot? A volte sì, a volte no: riposare mi piace poco, ma a volte le gambe non rispondono, a volte è la testa che non va. Le due cose devono essere collegate e bisogna essere bravi a gestirsi. L’importante, anche quando le cose non riescono come vuoi tu, è dare sempre il 100 per cento. Questa è una cosa che mi porto dentro e cerco di trasmetterla alla squadra da capitano".

VITTORIA LAZIO - "Quello è stato un segnale importante e dobbiamo continuare a lavorare sull’intensità. Anche perché il campionato quest’anno è ancora più difficile ed equilibrato. Quando ho detto quelle cose, la squadra si divertiva in campo e si vedeva. E forse finora abbiamo dato la sensazione di divertici un po’ meno. Ma sappiamo sempre cosa fare, come trovare il compagno: Inzaghi ci lascia libertà di esprimerci al massimo"

PALLONE D'ORO - Ci sono vari aspetti, ma credo di aver fatto un anno importante, non solo perché sono stato capocannoniere in Copa America e in serie A, ma anche per il modo di giocare. Mi sento sottovalutato? A volte sì. Però i trofei di squadra hanno un peso diverso".

OBIETTIVI - "Scudetto o finale di Champions? Io voglio tutto. Quando inizi a vincere, non ti vuoi fermare perché sai quanto è bello essere ripagati del lavoro fatto. E questa mentalità voglio trasmetterla anche nelle partitelle. Ho avuto la fortuna di vincere il Mondiale e pensavo che non ci fosse più niente dopo: ma c’è tanto altro".

INZAGHI - "Sottovalutato? «Secondo me sì. Il suo segreto è che continua a volte a pensare come un calciatore, quindi ci capisce tantissimo e vive le cose come noi. Per me poi la fortuna è doppia, perché lui è stato attaccante e quindi mi lascia la testa libera e il sorriso. Sono cose molto positive. Io con Conte ho imparato tantissimo e lo ringrazio. Con Inzaghi sento di essere cresciuto a livello altissimo".

CONTE - "Stimolo o preoccupazione? Nessuna delle due. Sappiamo che il Napoli è forte, come del resto altre avversarie. E noi facciamo il nostro cammino: secondo me è la strada giusta e ci porterà grandi cose".

RABBIA AGONISITICA - "Da piccolo io non avevo niente. A volte non sapevo dove avrei dormito la sera. Sono cose che mi hanno marcato come uomo e tutto quello che ho passato cerco di trasmetterlo in campo. Fuori dal calcio, cerco sempre di dare una mano e sono felice di andare a trovare i bambini che non stanno bene: capisco quello che vivono, le loro difficoltà. Il sogno di diventare calciatore come mio padre l’ho sempre avuto. Ma a 15 anni ho fatto una settimana in prova al Boca Juniors e mi hanno cacciato, dicendomi che non avevo né velocità, né potenza.Quando sono tornato a Bahia Blanca ho detto a papà che volevo divertirmi, lasciare il calcio e cominciare a lavorare. A fine anno è arrivato il Racing, offrendomi un altro provino: ho detto se mi volete vengo, ma prove non ne faccio più. E mi hanno preso".

CRESCITA - "All’esordio in prima squadra ho preso due gialli in due minuti per due scivolate: vivevo tutto come una battaglia, perché volevo sempre dimostrare qualcosa. Gli psicologi mi sono serviti tantissimo: a essere più tranquillo, a pensare due-tre secondi in più alle cose e anche nel dialogo con l’allenatore. Dettagli che fanno la differenza".