KJAER - "Mi rivedo in Kjaer, comunica tanto e bene. Avere un difensore come Simon e un portiere come Maignan vuol dire dare una certa organizzazione".
LEAO - "Durante i Mondiali prima mandavo l’in-bocca-al -lupo, poi li chiamavo dopo la partita. Rafa mi diceva “Mister tutto bene, ho giocato 20 minuti, 30, ho giocato 40, sono contento, sono arrabbiato. La prima impressione? Appena arrivato, con i miei collaboratori ci siamo detti: “Oh, ma qui abbiamo un giocatore che gioca ridendo?”. Poi abbiamo capito che è una smorfia naturale, il suo modo di fare".
IBRA - "A inizio stagione ho detto che il primo anno eravamo arrivati sesti, poi secondi... ci va bene arrivare ancora secondi? E tutti: “No!”. Allora ho chiesto cosa servisse per vincere. Son partito da Zlatan, Giroud, Maignan e Theo che avevano vinto già campionati o coppe. Che risposta mi ha dato Zlatan? Rabbia, serve rabbia".
CRESCITA - "Per molti, che ho iniziato ad allenare che avevano 19 o 20 anni, crescere è stato naturale. Io ho fatto il mio, ma il merito è diffuso: dirigenza, staff e ambiente. L’ambiente che c’è qui e che abbiamo creato. Io non vedo l’ora di svegliarmi la mattina per venire a Milanello, si sta bene, sono felice. Credo sia così anche per loro. Ad esempio: noi abbiamo la colazione obbligatoria e il pranzo, che però è senza orario. Ognuno ha esigenze diverse: ghiaccio, massaggi o altro, inizia quando può. Ma poi restano tutti fino a tardi, e per non andare lunghi in cucina abbiamo messo un limite orario. Cosa vuol dire? Che stanno bene e sono felici di stare assieme. Io ho vissuto in squadre dove i giocatori non vedevano l’ora di andare via, stavano lì giusto il tempo limitato per fare allenamento".
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