SPIRITO VERONA - “Uno spirito che ho avvertito all’Hellas fin da quando ho firmato il contratto. I giocatori, i tifosi, lo staff, tutto di questo club ti fa subito rendere conto di essere entrato a far parte di qualcosa di veramente speciale”.
CAMMINO - “Quando non credevo di diventare professionista? Vero. Ho lottato ogni giorno per questo, attraversando momenti duri come quando ad Amsterdam facevo il rider, cioè le consegne, da Subway per integrare lo stipendio da dilettante. Mia madre? Lei è stata sempre la mia prima tifosa. Ha sempre creduto nelle mie qualità fin da piccolo, ancora più di quanto facessi io. Con mia sorella, è la persona a cui devo di più”.
RUOLO PREFERITO - “Allora, cerco di fare chiarezza. Da piccolo ero centravanti. Poi, a 12-13 anni la mia bassa statura stava diventando un problema. I marcatori erano più alti, forti e veloci di me e ho dovuto cambiare ruolo. Ala, centrocampista. Baroni mi ha messo subito centravanti, risvegliando il mio primo istinto ma spostandomi spesso in fascia anche nella stessa partita. Ha capito tutto”.
DIFENSORE PIÙ FORTE - “Mina del Cagliari, molto fisico e grintoso. Anche Tomori mi ha impressionato contro il Milan. Sapevo che in Italia avrei trovato ossi duri”.
NAZIONALE - “Sì, ci speravo, soprattutto alla fine di questo campionato. Rimane il mio primo obiettivo per la prossima stagione. Continuerò a lottare e lottare per la maglia oranje”.
VERONA - “Felice qui? Sì. Vivo solo, non sono fidanzato (ancora...). Mi piace fare altri sport (padel) e dormire. Esco spesso con i compagni, Suslov, Tchatchoua, oltre che con i nuovi Tavsan, Swiderski, Belahyane... Un gruppo vincente si costruisce anche fuori dal campo”.
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