Roberto Mancini oggi compie 60 anni e parla in esclusiva a Il Giornale, anche dell’addio alla Nazionale. “Chiamata Azzurra? Ricordo perfettamente quel momento. Stentavo a crederci. Per un allenatore diventare ct della Nazionale è il sogno più grande. Si stava realizzando”.
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Ha accettato subito?
“Non nego che nonostante avessi alle spalle parecchie esperienze su panchine importanti, pensare di tornare ad indossare quella maglia azzurra non da giocatore ma da ct, un po’ mi ha fatto tremare le gambe”.
Si è confrontato con qualcuno prima di decidere?
“Feci una telefonata a Vialli. Luca mi disse di accettare subito. E così feci. Dopo un anno arrivò anche lui. Un’avventura straordinaria condivisa insieme. Il miglior coronamento di un’amicizia unica”.
Come sono stati quei cinque anni in Nazionale?
“Meravigliosi. Qualche difficoltà all’inizio, per poi inanellare una serie di vittorie e record di cui vado orgoglioso”.
Si riferisce a Wembley?
“Riportare l’Italia dopo cinquant’anni sul ferro d’Europa è stata un’emozione indescrivibile”.
E la mancata qualificazione ai Mondiali?
“Una ferita che brucia ancora. Un conto in sospeso coi tifosi”.
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